Fides News - Italianhttps://fides.org./Le notizie dell'Agenzia FidesitI contenuti del sito sono pubblicati con Licenza Creative Commons.Angelus, Papa Francesco si affaccia dal Gemelli: Ho sperimentato la pazienza del Signorehttps://fides.org./it/news/76164-Angelus_Papa_Francesco_si_affaccia_dal_Gemelli_Ho_sperimentato_la_pazienza_del_Signorehttps://fides.org./it/news/76164-Angelus_Papa_Francesco_si_affaccia_dal_Gemelli_Ho_sperimentato_la_pazienza_del_SignoreRoma – Pollice in su e mani che salutano: dopo 38 giorni di ricovero al Policlinico Gemelli di Roma, dovuti a una polmonite bilaterale, Papa Francesco torna a mostrarsi in pubblico affacciandosi dal balconcino del nosocomio per salutare i fedeli che lo applaudono dal piazzale. “Ringrazio tutti, saluto questa signora con i fiori gialli, è brava”, le poche parole che il Pontefice pronuncia, a fatica, dal microfono.<br /><br />L’affaccio arriva pochi minuti dopo la diffusione del testo dell’Angelus, il sesto da quando è stato ricoverato, dove, nel commentare la parabola che troviamo nel Vangelo di oggi, quella che parla della pazienza di Dio, il Vescovo di Roma afferma: “In questo lungo tempo di ricovero, ho avuto modo di sperimentare la pazienza del Signore, che vedo anche riflessa nella premura instancabile dei medici e degli operatori sanitari, così come nelle attenzioni e nelle speranze dei familiari degli ammalati. Questa pazienza fiduciosa, ancorata all’amore di Dio che non viene meno, è davvero necessaria alla nostra vita, soprattutto per affrontare le situazioni più difficili e dolorose”.<br /><br />Nel giorno in cui Papa Francesco riappare in pubblico e fa ritorno a Santa Marta, le sue parole e il suo pensiero si rivolgono a chi più sta soffrendo nella terra di Gesù: “Mi ha addolorato la ripresa di pesanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, con tanti morti e feriti”. Dal Gemelli il Pontefice chiede nuovamente: “Tacciano subito le armi”, “si abbia il coraggio di riprendere il dialogo, perché siano liberati tutti gli ostaggi e si arrivi a un cessate il fuoco definitivo. Nella Striscia la situazione umanitaria è di nuovo gravissima ed esige l’impegno urgente delle parti belligeranti e della comunità internazionale”.<br /><br />Guardando sempre all’Asia, il Vescovo di Roma si dice “lieto” perché l’Armenia e l’Azerbaigian sono riusciti a concordare “il testo definitivo dell’Accordo di pace. Auspico che esso sia firmato quanto prima e possa così contribuire a stabilire una pace duratura nel Caucaso meridionale”.<br /><br />Infine, l’appello alla preghiera: “Con tanta pazienza e perseveranza state continuando a pregare per me: vi ringrazio tanto! Anch’io prego per voi. E insieme imploriamo che si ponga fine alle guerre e si faccia pace, specialmente nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo”.<br /><br />Poco dopo il saluto dal balconcino, il Papa è stato dimesso dall'ospedale per fare rientro in Vaticano dove lo attende una lunga convalescenza, come annunciato ieri dai medici che, in un briefing, hanno spiegato: “La prescrizione è continuare parzialmente le terapie farmacologiche, che dovrà effettuare per molto tempo per via orale, e – molto importante – la raccomandazione di un periodo di riposo, in convalescenza, per almeno due mesi”.<br /><br />“Durante il ricovero – ha rivelato lo staff medico – le condizioni cliniche del Santo Padre hanno presentato due episodi molto critici, ed è stato in pericolo di vita. Le terapie farmacologiche, la somministrazione di ossigeno ad alti flussi e la ventilazione meccanica non assistita hanno procurato un lento miglioramento, facendolo uscire dagli episodi più critici. Il Papa non è mai stato intubato, è sempre rimasto vigile, orientato e presente”.<br /><br />“Il Papa non ha la polmonite, ma non è guarito da tutte le infezioni polimicrobiche”, hanno puntualizzato dal Gemelli: “Se il Santo Padre può essere dimesso è perché le infezioni più gravi sono state risolte: ci sono alcuni batteri che sono stati sconfitti, alcune cariche virali che sono state ridotte, alcuni miceti che sono stati ridotti ma che richiederanno tanto tempo per essere sconfitti”.<br /><br />Prima di raggiungere la sua residenza nella Casa Santa Marta, il Vescovo di Roma ha chiesto di essere portato a Santa Maria Maggiore, dove dopo questo tempo di malattia, segnato da momenti critici in cui la sua vita è stata in pericolo, è tornato a ringraziare la Vergine Maria, Salus Populi Romani, e a affidarsi a lei. Il Papa ha consegnato al cardinale Makrickas dei fiori da porre davanti all’icona della Salus. <br />Sun, 23 Mar 2025 13:43:39 +0100EUROPA/ROMANIA - Sui passi di Jeanne Bigard per raccontare l’opera a sostegno delle vocazioni sacerdotali e religiose nei territori di missionehttps://fides.org./it/news/76157-EUROPA_ROMANIA_Sui_passi_di_Jeanne_Bigard_per_raccontare_l_opera_a_sostegno_delle_vocazioni_sacerdotali_e_religiose_nei_territori_di_missionehttps://fides.org./it/news/76157-EUROPA_ROMANIA_Sui_passi_di_Jeanne_Bigard_per_raccontare_l_opera_a_sostegno_delle_vocazioni_sacerdotali_e_religiose_nei_territori_di_missioneBucarest - Far conoscere l’Opera di San Pietro Apostolo ed il suo impegno a favore delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata è stato il cuore della visita in Romania e Repubblica di Moldova di padre Guy Bognon, Segretario Generale della Pontificia Opera San Pietro Apostolo , che ha compiuto recentemente un viaggio ufficiale in questi Paesi. La visita, preparata dal direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Romania, Padre Eugene Blaj, ha rappresentato un’opportunità privilegiata per incontrare i vescovi e i direttori diocesani delle POM, approfondire il tema del sostegno alle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata nei territori di missione e rafforzare l’impegno della Chiesa locale nella sua dimensione missionaria. “In questo mio «andare» in queste terre come pellegrino per far conoscere il lavoro dell’opera che rappresento mi sono ricordato l’impegno della fondatrice dell’Opera, Jeanne Bigard, che a suo tempo ha bussato con tenacia e perseveranza alla porta di coloro che potessero aiutarla a sostenere le vocazioni nei territori di missione” racconta padre Bognon. La visita si é snodata in tutte le diocesi, sia latine che greco-cattoliche, ed è partita da Bucarest presso la Nunziatura, con l’incontro con Sua Eccellenza Mons. Giampiero Gloder, Nunzio Apostolico in Romania e nella Repubblica di Moldova. Gli incontri con i Vescovi delle differenti diocesi hanno cadenzato l’intera settimana e hanno avuto lo scopo di sensibilizzare il clero e i fedeli sull’importanza della missione compiuta dalla POSPA. Ai Vescovi è stato chiesto l’impegno di individuare parrocchie in grado di organizzare l’animazione missionaria a favore delle vocazioni in territori di missione e contribuire annualmente al sostegno specifico dell’Opera di San Pietro Apostolo.<br />Hanno caratterizzato la visita non solo gli incontri con i vescovi ma anche quelli con i fedeli, i bambini appartenenti all’Infanzia Missionaria e con alcuni formatori di seminario. Spazio anche ad un’ intervista rilasciata a Radio Maria, dove il Segretario generale della POSPA si è soffermato a spiegare l’importanza essenziale del sostegno alle vocazioni sacerdotali nei territori di missione. <br />“Gli incontri con i vescovi, i sacerdoti, i bambini missionari e i fedeli sono serviti a rafforzare la volontà di sostenere le vocazioni sacerdotali e di promuovere la solidarietà con le Chiese in terra di missione” ha affermato padre Blaj. Allo stesso tempo, la Direzione Nazionale delle POM in Romania ha proposto ai vescovi la nomina di un coordinatore diocesano per l’Infanzia Missionaria, con il fine di animare e sviluppare i gruppi missionari per i bambini nelle parrocchie. “Attualmente ci sono molti gruppi con cui manteniamo il contatto tramite incontri settimanali in modo virtuale e visite regolari” – spiega Matilda Andrici, responsabile dell'Infanzia missionaria in Romania -. “Abbiamo colto l’occasione della venuta di padre Guy per chiedere a ciascuno di loro di designare una religiosa come referente diocesano. Questo ci aiuterebbe ad organizzare periodicamente formazioni missionarie con loro, affinché possano poi recarsi nelle parrocchie per formare nuovi gruppi e animare i bambini nello spirito missionario”. <br /> <br /><br />Sat, 22 Mar 2025 13:16:35 +0100ASIA/COREA DEL SUD - Trent'anni di impegno, di preghiera e di speranza per la riconciliazione e la pacehttps://fides.org./it/news/76158-ASIA_COREA_DEL_SUD_Trent_anni_di_impegno_di_preghiera_e_di_speranza_per_la_riconciliazione_e_la_pacehttps://fides.org./it/news/76158-ASIA_COREA_DEL_SUD_Trent_anni_di_impegno_di_preghiera_e_di_speranza_per_la_riconciliazione_e_la_paceSeoul - Sull'altare maggiore della Cattedrale di Seoul campeggia il simbolo della Chiesa locale per l'anno giubilare: è la "Croce del Giubileo per la pace", realizzata artigianalmente con del filo spinato preso dalla "Cortina di bambù" nella Zona Demilitarizzata, quella che divide, lungo il 38° parallelo, la Corea del Nord dalla Corea del Sud. Proprio davanti a quella simbolica croce si è celebrato il 30° anniversario di istituzione del "Comitato coreano dell'Arcidiocesi di Seoul per la riconciliazione" , con due iniziative: la pubblicazione di un libro che racconta trent'anni di cammino; la celebrazione di una messa per commemorare il trentennio di impegno e invocare da Dio pace e riconciliazione. <br />"Nel 1995, 50 anni dopo la divisione nazionale e 45 anni dopo la guerra di Corea, l'anno in cui il Cardinale Stephen Kim Sou-hwan annunciò ufficialmente il suo desiderio di visitare la Corea del Nord, venne istituito il Comitato per la riconciliazione della nostra arcidiocesi", ha ricordato l'Arcivescovo di Seoul, Peter Chung Soon-Taick, attuale presidente del KRCAS. L'Arcivescovo, che è anche Amministratore apostolico di Pyongyang, ha voluto riflettere sui 30 anni di storia del Comitato, che ha sempre cercato di tenere viva, a livello morale, culturale e spirituale, la fiamma della riconciliazione e la speranza di una pace definitiva e della riunificazione di Nord e Sud Corea. In 30 anni di vita, il Comitato si è impegnato con preghiere, iniziative di istruzione, ricerca, progetti di cooperazione con il Nord , e con uno speciale e continuativo momento di preghiera comunitario: l'Eucarestia per la riconciliazione e l'unità della Corea, celebrata ogni martedì nella cattedrale cattolica di Myeongdong a Seoul, giunta al numero di 1457 messe celebrate con quella intenzione.<br />Sulle attuali relazioni intercoreane, l'Arcivescovo ha espresso rammarico, sottolineando che "l'attuale situazione nella penisola coreana è governata dal meccanismo dell'odio, dei conflitti e della divisione, piuttosto che dall'amore, dalla riconciliazione e dall'unità". Per questo ha esortato tutti a "cercare coraggio in modo da poter proseguire il nostro cammino verso la riconciliazione nazionale e ricordare la nostra missione per la pace su questa terra: la riconciliazione inter-coreana e l'evangelizzazione di tutto il popolo". <br />Nell'omelia della messa celebrata a Seoul, con la partecipazione di oltre 400 fedeli, sacerdoti, religiosi, laici, rifugiati nordcoreani, l'Arcivescovo Chung ha voluto lanciare un appello alla conversione "perché i cuori possano cambiare", invitando il KRCAS a "prendere l'iniziativa di unire gli sforzi mani con altre religioni, con la società civile, con il mondo della politica, così come con altre organizzazioni e membri all'interno della Chiesa, per condividere il percorso verso la conversione sia della Corea del Nord che della Corea del Sud".<br />Presente alla cerimonia, il Nunzio apostolico in Corea, l'Arcivescovo Giovanni Gaspari, ha detto: "Nel bel mezzo delle attuali tensioni e conflitti che circondano la penisola coreana, i vostri sforzi per mettere da parte l'odio per la divisione e aprire un nuovo capitolo di riconciliazione sono più preziosi che mai. La Santa Sede segue da vicino questi sforzi e si unisce alla preghiera per la pacifica riunificazione della penisola coreana", auspicando che l'opera del KRAS "porti frutti ancora più abbondanti nel suo impegno verso la pace e la riconciliazione e che, attraverso le sue attività, lo spirito di riconciliazione e unità si diffonda più ampiamente". Il Comitato ha voluto anche conferire degli attestati di merito e apprezzamento a persone che si sono distinte per la dedizione alla causa della riconciliazione e della pace nella penisola coreana.<br />Il Korea Reconciliation Committee dell'Arcidiocesi di Seoul è stato fondato dal defunto cardinale Stephen Kim Sou-hwan, allora Arcivescovo di Seoul e Amministratore apostolico di Pyongyang, il 1° marzo 1995, anno in cui si celebrava il 50° anniversario della liberazione dal Giappone, con lo scopo precipuo di attivare la responsabilità della Chiesa nell'opera di riconciliazione della penisola coreana. Fondato su principi come “trasformare l’odio in amore, la discordia in riconciliazione e la divisione in unità”, il Comitato ha svolto attività basate sui tre filoni pastorali: preghiera, educazione alla pace e condivisione. Il Comitato ha poi fondato un centro di ricerca affiliato, l'Institute for Peace-Sharing, con una specifica missione di ricerca accademica, sociale e culturale. <br />Il Comitato e l'Istituto organizzano ogni anno lo speciale pellegrinaggio giovanile chiamato "The Wind of Peace", che si compie lungo la Zona demilitarizzata, al confine tra le due Coree, e che intende sensibilizzare i giovani di tutto il mondo a essere apostoli di pace.<br /> Sat, 22 Mar 2025 16:50:59 +0100ASIA/CINA - Consacrata a San Giuseppe la nuova chiesa a Yiwu, il più grande mercato all’ingrosso del mondohttps://fides.org./it/news/76163-ASIA_CINA_Consacrata_a_San_Giuseppe_la_nuova_chiesa_a_Yiwu_il_piu_grande_mercato_all_ingrosso_del_mondohttps://fides.org./it/news/76163-ASIA_CINA_Consacrata_a_San_Giuseppe_la_nuova_chiesa_a_Yiwu_il_piu_grande_mercato_all_ingrosso_del_mondodi Marta Zhao<br /><br />Pechino – è dedicata a San Giuseppe, Patrono della Missione in Cina, la nuova chiesa appena consacrata a Yiwu, nella diocesi di Hangzhou, capoluogo della provincia dello Zhejiang. E la missione affidata alla comunità ecclesiale locale è del tutto singolare, se si tiene conto del luogo dove sorge la nuova parrocchia. A Yuwu si trova infatti il più grande mercato all’ingrosso del mondo di prodotti a basso costo. Da lì partono anche buona parte degli oggetti di devozione che si vendono presso chiese, parrocchie e negozi di articoli religiosi in tutto il mondo, compreso quelli intorno alla Città del Vaticano. Anche commercianti e imprenditori cinesi e provenienti da tutto il mondo potranno ora visitare la nuova chiesa per pregare, ricevere i sacramenti o magari incontrare l’annuncio cristiano per la prima volta. <br />La nuova chiesa è stata consacrata il 18 marzo, vigilia della solennità di San Giuseppe, da Giuseppe Yang Yongqiang, Vescovo di Hangzhou. Il giorno dopo, festa dello Sposo di Maria Vergine, il Vescovo ha anche conferito il sacramento della Cresima a circa quaranta adulti della nuova parrocchia. <br />Alla liturgia di consacrazione, conselebrata insieme al Vescovo da 23 sacerdoti di Hangzhou, della diocesi di Wenzhou e Ningbo, hanno preso parte più di 2 mila fedeli. <br />Ripercorrendo la storia della parrocchia, il Vescovo Giuseppe Yang ha ricordato che “la chiesa è una casa, un luogo di amore e di affetto”, e ha reso grazie a San Giuseppe che intercessione per la Chiesa locale come Patrono della Missione in Cina.<br />Yiwu si trova a 300 chilometri da Shanghai. Secondo statistiche locali, i cattolici sono più di mille, e quasi 20mila i cristiani di altre confessioni. A questi numeri si aggiungono gli operatori del commercio battezzati, cinesi e di altri Paesi, che frequentano la città per motivi di lavoro. <br />Prima del 2001, in questo grande mercato del commercio internazionale non c'era alcun luogo di culto cattolico. Con la crescita economica dell’area, anche operatori cattolici cinesi e stranieri che fanno affari, gestiscono fabbriche, studiano e lavorano Yiwu iniziato a organizzarsi per pregare in immobili privati. Nel 2007, 500 cattolici si sono riuniti per celebrare insieme il Santo Natale. Il 14 giugno 2008, è stata inaugurata a Yiwu una chiesa cattolica che poteva accogliere circa 200 persone. Pian piano è fiorita in quel luogo di commerci globali una comunità devota e dinamica, aperta a accogliere anche chi viene da lontano per motivi di lavoro. La diocesi ha inviato tre sacerdoti incaricati della cura pastorale della comunità locale, che ora potrà contare anche sulla nuova chiesa di San Giuseppe per condurre la sua missione di annuncio del Vangelo anche tra gli operatori commerciali della grande piazza di Yiwu. Nella nuova chiesa si celebrano già messe in cinese, inglese e coreano. <br />Yiwu è una città a livello di contea sotto la giurisdizione della provincia di Zhejiang, e appartiene alla diocesi di Hangzhou. Nel 2005, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, Morgan Stanley e altre autorità finanziarie mondiali hanno pubblicato congiuntamente il rapporto “shocking the world of China's numbers”, dove il mercato di Yiwu è definito “il più grande mercato all'ingrosso di piccole merci del mondo”. <br /><br />Fri, 21 Mar 2025 13:25:17 +0100AFRICA/SUDAN - L’esercito riprende il palazzo presidenziale a Khartoum; una svolta simbolica ma la fine della guerra non sembra vicinahttps://fides.org./it/news/76162-AFRICA_SUDAN_L_esercito_riprende_il_palazzo_presidenziale_a_Khartoum_una_svolta_simbolica_ma_la_fine_della_guerra_non_sembra_vicinahttps://fides.org./it/news/76162-AFRICA_SUDAN_L_esercito_riprende_il_palazzo_presidenziale_a_Khartoum_una_svolta_simbolica_ma_la_fine_della_guerra_non_sembra_vicinaKhartoum – Dopo due giorni di combattimenti l’esercito regolare sudanese ha ripreso oggi, 21 marzo, il controllo del palazzo presidenziale nella capitale Khartoum, dalle mani dei paramilitari delle Forze di Supporto Rapido . Queste ultime avevano conquistato il Palazzo, obiettivo altamente simbolico, all’inizio della guerra scoppiata nell’aprile 2023.<br />La presa del palazzo presidenziale segna un’ulteriore svolta nelle operazioni condotte dalle SAF per riprendere la capitale. Le RSF ora controllano solo un ponte sul Nilo che collega Khartoum al Sudan occidentale che può essere utilizzato per ottenere rifornimenti e truppe di rincalzo, oppure per abbandonare la città. In tardi mattinata le RSF hanno però dichiarato di non aver abbandonato l’area nei pressi del palazzo presidenziale e che la battaglia non è finita.<br />Difficile dire se la ripresa di Khartoum da parte delle SAF comandate dal generale Abdel Fattah al-Burhan, porterà a una fine della guerra. Le RSF guidate da Mohamed Hamdan Dagalo controllano ancora il Darfur, la vasta regione occidentale del Paese, considerato la loro roccaforte. Le RSF hanno inoltre proclamato un “governo parallelo” cosa che complica l’ottenimento di una soluzione pacifica al conflitto. La guerra sudanese ha creato il più grande disastro umanitario al mondo senza un singolo cessate il fuoco dall'inizio dei combattimenti.<br />I bombardamenti RSF, gli attacchi aerei SAF, la fame e le malattie hanno causato almeno 61.000 vittime nel solo Stato di Khartoum. <br />Fri, 21 Mar 2025 12:01:44 +0100ASIA - Dieci anni dalla Laudato si': dai Vescovi dell'Asia un appello alla riduzione del "debito ecologico" e alla "conversione ecologica"https://fides.org./it/news/76161-ASIA_Dieci_anni_dalla_Laudato_si_dai_Vescovi_dell_Asia_un_appello_alla_riduzione_del_debito_ecologico_e_alla_conversione_ecologicahttps://fides.org./it/news/76161-ASIA_Dieci_anni_dalla_Laudato_si_dai_Vescovi_dell_Asia_un_appello_alla_riduzione_del_debito_ecologico_e_alla_conversione_ecologicaBangkok - Il decimo anniversario dell'enciclica di Papa Francesco "Laudato Si', sulla cura della nostra casa comune" cade durante Anno giubilare della speranza: da qui scaturisce un appello alla "conversione ecologica” e uno specifica chiamata alla riduzione del debito su scala internazionale, afferma la Lettera pastorale rivolta alle Chiese locali dell'Asia, pubblicata dalla Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche a conclusione della recente assemblea di marzo 2025. Esiste, infatti, un "debito ecologico" che fa riferimento, per obbligazione e responsabilità, a quanto i Paesi industrializzati, o nel Nord del mondo, hanno accumulato nei confronti dei Paesi nel Sud globale, per aver sfruttato le loro risorse naturali e aver così contribuito sia al degrado ambientale, sia alle carenze in servizi sociali determinanti per lo sviluppo, come l’istruzione e la sanità. <br />Il documento, firmato dal Cardinale indiano Filipe Neri Ferrao, Presidente della FABC, dal vice presidente il Cardinale filippino Pablo Virgilio David e dal Cardinale giapponese Isao Kikuchi, SVD, Segretario generale della Federazione, ricorda i principali tormenti della "casa comune", diffusi nei paesi dell'Asia: deforestazione e perdita di biodiversità; innalzamento del livello del mare e spostamento delle popolazioni costiere; sicurezza idrica, inquinamento atmosferico e conseguenze sulla salute delle popolazioni; eventi meteorologici estremi più forti e frequenti; crisi agricole e sicurezza alimentare.<br />Il testo individua anche i “segni di speranza”, riconoscendo l'azione dello Spirito Santo nella vita delle Chiese asiatiche in atteggiamenti come: la resilienza delle comunità locali e dei popoli indigeni; la fioritura di ministeri e la diffusione di corsi di formazione su tematiche legate alla Laudato si'; il crescente coinvolgimento attivo dei giovani; la collaborazione tra comunità religiose e con realtà società civile nella difesa condivisa della casa comune; l'inclusione della custodia del creato nella missione della Chiesa e l'impegno delle comunità nell'Anno giubilare, con la cura del creato tra i temi principali.<br />Nella Lettera pastorale, che i Vescovi asiatici promulgano in vista dell'importante appuntamento di COP 30, la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici che si terrà nel prossimo novembre, si indicano misure concrete per affrontare la crisi ecologica: sostenere impegni climatici più forti per colmare il divario tra gli obiettivi climatici nazionali e l'obiettivo globale di 1,5 gradi Celsius; chiedere ai governi maggiori finanziamenti per l'adattamento delle popolazioni ai cambiamenti climatici; fare pressioni per una legislazione nazionale e internazionale a tutela della "casa comune"; promuovere nel corso dell'Anno giubilare una campagna per la riduzione del debito, considerando la portata del "debito ecologico" esistente, riconosciuto dagli studiosi, al fine di promuovere la "giustizia economica", e di cambiare le strutture ingiuste che limitano lo sviluppo sostenibile nel Sud del mondo.<br />La dichiarazione della FABC incoraggia le Chiese locali in Asia a partecipare alla fase preparatoria della COP 30, che si terrà nell'autunno 2025 a Belém, in Brasile. Proprio prima di quell'evento - per celebrare il decimo anniversario della “Laudato Si” e l’Anno Giubilare della Speranza - la FABC invita le Chiese locali di dare particolare rilevanza al "Tempo del Creato", che va dal 1° settembre al 4 ottobre 2025, educando le comunità alla responsabilità ecologica, promuovendo stili di vita più semplici e sostenibili, coltivando una spiritualità che approfondisca la relazione dell'uomo con Dio, con il prossimo, con il Creato .<br />"Lasciamo che questa Quaresima sia un'occasione per esaminare le nostre coscienze e ammettere umilmente i nostri peccati contro la creazione di Dio. Lasciamo che sia un'opportunità per noi di rispondere alla chiamata di Dio alla conversione ecologica", conclude la Lettera. La cura della casa comune, si ricorda, richiede "semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo" e "si manifesta in ogni azione che cerca di costruire un mondo migliore".<br /> Fri, 21 Mar 2025 11:42:35 +0100AFRICA/CONGO RD - Assalita la residenza delle Suore di Santo Domingo nel comune di Kimbanseke, a Kinshasahttps://fides.org./it/news/76160-AFRICA_CONGO_RD_Assalita_la_residenza_delle_Suore_di_Santo_Domingo_nel_comune_di_Kimbanseke_a_Kinshasahttps://fides.org./it/news/76160-AFRICA_CONGO_RD_Assalita_la_residenza_delle_Suore_di_Santo_Domingo_nel_comune_di_Kimbanseke_a_KinshasaKinshasa – Assalita la residenza delle Suore della Congregazione di Santo Domingo, situata nel distretto SECOMAF, nel comune di Kimbanseke, a Kinshasa, la capitale della Repubblica Democratica del Congo.<br />I fatti risalgono alla notte tra il 18 e il 19 marzo, quando individui armati di machete e armi da taglio, identificati come "Kuluna", hanno attaccato la residenza delle Suore della Congregazione di Santo Domingo.<br />Gli aggressori sono entrati in casa sfondando un muro, prima di minacciare le suore e di sequestrare denaro, telefoni, computer e altri oggetti di valore.<br />"Desideriamo esprimere l'indignazione del Cardinale Fridolin Ambongo, Arcivescovo metropolita di Kinshasa, in seguito all'attacco contro la comunità delle suore della Congregazione di Santo Domingo, situata nel comune di Kimbanseke, nel distretto di Secomaf", si legge nella dichiarazione firmata da Padre Clet-Clay Manvemba, segretario cancelliere dell'arcidiocesi di Kinshasa. “Il Cardinale esprime la sua vicinanza alle suore vittime di questa barbarie e le incoraggia a resistere, lasciandosi guidare dalla luce della speranza. Colse l'occasione per invitare le varie congregazioni a raddoppiare la vigilanza, senza però cedere al panico o alla paura”.<br />È stata presentata una denuncia alla polizia contro ignoti, mentre il Vicario giudiziale dell'Arcidiocesi si è recato sul luogo dell'aggressione.<br />L’assalto pone ancora una volta l'attenzione sull'aumento dell'insicurezza nella capitale congolese, dove bande criminali operano regolarmente, prendendo di mira sia i civili sia le istituzioni religiose.<br />Dal verbo kolona in lingala, che significa "piantare", "coltivare", "Kuluna, impiegato per la prima volta negli anni '90, per riferirsi ai giovani provenienti da contesti urbani dal sud-ovest della RDC che entravano illegalmente in Angola da nord alla ricerca di diamanti, questo termine è diventato un modo generico per riferirsi ai criminali dal 2000. <br />Dalle periferie di Kinshasa, dove la polizia non osa avventurarsi, le bande si sono gradualmente allargate ai distretti centrali e gli accampamenti militari e di polizia, reclutando i loro membri perfino tra i figli degli ufficiali. Da Kinshasa il fenomeno delle bande “Kuluna” si è diffuso pure in altre città. Per contrastare le gang criminali il governo della RDC ha lanciato vaste operazioni di rastrellamento con la cattura di centinaia di presunti criminali, molti dei quali sono stati condannati a morte, dopo che Kinshasa ha reintrodotto la pena capitale. <br /><br />Fri, 21 Mar 2025 10:45:09 +0100ASIA/FILIPPINE - Testimoni di speranza in un mondo che sperimenta spesso disperazione e sofferenza: i Camilliani da 50 anni nelle Filippinehttps://fides.org./it/news/76159-ASIA_FILIPPINE_Testimoni_di_speranza_in_un_mondo_che_sperimenta_spesso_disperazione_e_sofferenza_i_Camilliani_da_50_anni_nelle_Filippinehttps://fides.org./it/news/76159-ASIA_FILIPPINE_Testimoni_di_speranza_in_un_mondo_che_sperimenta_spesso_disperazione_e_sofferenza_i_Camilliani_da_50_anni_nelle_FilippineCubao – “Sono da poco tornato dalle Filippine dove i Camilliani hanno ricordato 50 anni di presenza di cui il sottoscritto ne ha trascorsi più di 30. La mia esperienza là è stata bella e ricca di tante iniziative che mi hanno fatto sperimentare il grande valore della Provvidenza”. Lo racconta all’Agenzia Fides padre Luigi Galvani rientrato a Maumere nell’isola di Flores dove è impegnato da oltre 15 anni.<br /><br />Lo scorso 8 Marzo 2025 è stato un giorno storico per i Camilliani delle Filippine che hanno celebrato 50 anni di presenza nel paese asiatico. “Il loro inizio è stato quasi casuale quando tre giovani studenti italiani, missionari a Taiwan, furono inviati temporaneamente a Manila per lo studio della Teologia – scrive padre Luigi. La loro presenza e l’opportunità di una fiorente promozione vocazionale convinse poi i Superiori a dare vita ad una nuova missione in quel paese. La scelta sicuramente, ispirata dalla Provvidenza, ha avuto risultati veramente incoraggianti e positivi nella spanna di soli 50 anni.”<br /><br />“Realmente da un umile inizio , nello spazio di 50 anni, ci sono state 68 ordinazioni sacerdotali e attualmente contano 9 comunità di cui due impegnate nella formazione e le altre nel ministero pastorale ospedaliero e in istituzioni sanitare proprie. La loro crescita non è stata solo nel numero, ma anche nel condividere il carisma di carità di San Camillo verso i malati, gli anziani, i poveri e laici realizzando varie strutture sanitarie proprie tra cui 3 ospedali, 3 poliambulatori, una casa di riposo per anziani e un centro di pastorale per la promozione di corsi di formazione e animazione per cappellani e personale sanitario.”<br /><br />Padre Galvani spiega quanto lo spirito missionario sia stato, inoltre, un’altra positiva caratteristica che ha animato e anima la missione Camilliana Filippina. “Infatti, già diversi suoi religiosi sono presenti oggi come missionari in Australia, Taiwan, Corea del Sud, Italia, Germania e Usa. Inoltre, la coraggiosa apertura della promettente missione Camilliana in Indonesia e in Pakistan è stato un ulteriore segno dello spirito missionario che li anima. A motivo della loro crescita numerica, alcuni anni fa, sono stati giuridicamente riconosciuti dai loro Superiori Maggiori come Provincia Camilliana Filippina.”<br /><br />“I valori che li hanno ispirati e sostenuti lungo questo storico cammino sono stati principalmente tanta buona volontà e coraggio nelle iniziative, fede nella Provvidenza e concreta dedizione ad ogni chiamata di servizio sociale e pastorale. La loro presenza è stata piena di sfide, ma non sono mancate abbondanti benedizioni. Oggi, siamo certi che essi guardano al futuro con un rinnovato impegno di testimoniare il carisma di carità di San Camillo verso i malati e i poveri per essere sempre ‘testimoni di speranza’ in un mondo che sperimenta spesso disperazione e sofferenza.”<br /><br />“Qui però in Indonesia non è da meno anche se qualche anno passa – conclude p. Luigi pioniere dei MI a Flores - l’entusiasmo rimane con il desiderio di continuare a fare un po’ di bene.<br /><br />Il programma dello storico giorno giubilare è iniziato con una solenne concelebrazione di ringraziamento, presieduta dal Vescovo Elias Lumayog Ayuban, C.M.F.,” nella Cattedrale della diocesi di Cubao a cui è seguito nel pomeriggio nel teatro del Seminario Camilliano di Marikina, un video di presentazione della Missione Filippina con le testimonianze dei pionieri e i vari messaggi di augurio degli ospiti tra cui quello del Superiore Generale dell’Ordine di San Camillo, Pedro Tramontin.<br /><br /> <br />Fri, 21 Mar 2025 10:16:28 +0100AFRICA/EGITTO - In missione tra Ramadan e Quaresimahttps://fides.org./it/news/76156-AFRICA_EGITTO_In_missione_tra_Ramadan_e_Quaresimahttps://fides.org./it/news/76156-AFRICA_EGITTO_In_missione_tra_Ramadan_e_QuaresimaEl Cairo - Ramadan Karim - Som Mubarak: sono le due espressioni per augurare un buon digiuno, il primo per i musulmani, il secondo per i cristiani. “Dal primo di marzo è iniziato il tempo di Ramadan e un giorno dopo è iniziata la Quaresima per i cristiani copti. Giorni di digiuno e di preghiera che ci rendono, speriamo, più fratelli” scrive all’Agenzia Fides Anselmo Fabiano della Società per le Missioni Africane.<br /><br />“Di fatto la vita quotidiana è trasformata soprattutto dal Ramadan. Infatti i nostri amici musulmani digiunano dall'alba al tramonto, quindi la vita è molto più notturna che diurna – prosegue il missionario attualmente nel villaggio di Kom Ghareeb. Durante il giorno i negozi e le varie attività lavorative iniziano molto tardi e al mattino è davvero difficile trovare qualcuno in giro. I bambini e le famiglie musulmane rimangono nelle loro case e passano molto tempo seguendo le numerosissime serie televisive che vengono trasmesse a tutte le ore proprio per questo periodo. Durante la notte, verso le 4, i bambini hanno il compito di cantare e suonare il tamburello per le strade e dare la sveglia a tutti, per mangiare prima dell'alba e dell'inizio del digiuno. Viaggiare e spostarsi dopo il tramonto è una bella avventura, perché lungo le strade trovi la gente che ti offre da mangiare e da bere per condividere la gioia del giorno che finisce.”<br /><br />“Per i cristiani invece questo tempo di digiuno è caratterizzato da una dieta con nessun cibo di origine animale, e dura da mezzanotte fino alla messa, che di solito è a mezzogiorno e per 50 giorni. La Quaresima ci permette di rivivere l'esperienza di digiuno di Gesù nel deserto e rafforzare la nostra relazione con Dio. Quaresima è sinonimo di silenzio, di preghiera, di elemosina. Un tempo prezioso per entrare in relazione stretta con il Signore, in cui ci si priva di qualcosa, come il cibo, per ritrovare la presenza essenziale di Dio nella nostra vita. Tempo privilegiato che ci porterà a vivere con entusiasmo la gioia della Pasqua in Cristo Risorto.”<br /><br />“In questa prospettiva le attività di vita pastorale proseguono con grande gioia, tante esperienze e tantissimi incontri, in particolare la catechesi, per adolescenti e giovani, e la Messa nel rito copto che mi è sempre più familiare. È per me una gioia immensa poter parlare l'arabo meglio, rispetto a prima, e riuscire ad entrare in relazione con le persone, poter ascoltare e condividere le loro gioie e le loro fatiche. I bambini sono i miei maestri preferiti e resto sempre di più meravigliato dalla loro disponibilità e apertura nel creare relazioni e amicizie.”<br /><br />Anselmo conclude il suo racconto descrivendo la complicità e il continuo scambio che mantiene con grandi e piccoli. “La mattina alcune volte vado all'asilo parrocchiale frequentato da bambini cristiani e musulmani, ormai sono diventato uno di casa. Condividendo le mattinate con loro perfeziono il mio arabo e insegno loro un po' di inglese. Respiro la bellezza di questa vita che fiorisce, di un villaggio con tantissimi bambini e cerco nel mio piccolo di essere per loro un testimone del vangelo. Qualche settimana fa ho avuto l'opportunità di poter tornare qualche giorno al Cairo per alcuni incontri e qualche commissione. Ho rivisto con grande piacere la piccola comunità cattolica di Shoubra e condiviso con loro la gioia dell'Eucaristia.”<br /><br /> <br />Thu, 20 Mar 2025 12:21:18 +0100AMERICA/ARGENTINA - “Essere usciti dall’inferno, e annunciare che Cristo è risorto”. La rete Familia Grande Hogar de Cristo e la nuova missione di padre Charlyhttps://fides.org./it/news/76155-AMERICA_ARGENTINA_Essere_usciti_dall_inferno_e_annunciare_che_Cristo_e_risorto_La_rete_Familia_Grande_Hogar_de_Cristo_e_la_nuova_missione_di_padre_Charlyhttps://fides.org./it/news/76155-AMERICA_ARGENTINA_Essere_usciti_dall_inferno_e_annunciare_che_Cristo_e_risorto_La_rete_Familia_Grande_Hogar_de_Cristo_e_la_nuova_missione_di_padre_Charly<p><><iframe width="560" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/pPKsV-9WoEU?si=tDFyHpDIP-6uvicu" title="YouTube video player" frameborder="0" allow="accelerometer; autoplay; clipboard-write; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture; web-share" referrerpolicy="strict-origin-when-cross-origin" allowfullscreen></iframe></p><br /><br />di Monica Poletto<br /><br />Buenos Aires - Una grande festa ha accompagnato il diciassettesimo “compleanno” della Familia Grande Hogar de Cristo, nata a Buenos Aires quando Jorge Mario Bergoglio era Arcivescovo della città. Era il 2008, e già da tempo si era diffusa la presenza di preti nelle zone più povere di Buenos Aires e del suo “Conurbano”, le Villas Miseria. Proprio dall’appellativo – ironico – affibbiato a quelle aree, avevano preso nome i curas villeros, sacerdoti che hanno iniziato a condividere in tutto la vita della gente più povera, coinvolgendosi in prima persona nei grandi bisogni che incontravano e coinvolgendo altri in questo abbraccio, diventando il centro di comunità che nascevano e si moltiplicavano.<br />Il giovedì Santo del 2008 si data l’inizio della Familia Grande propriamente detta: quel giorno, l’arcivescovo Bergoglio, lavando i piedi a dei ragazzi che avevano iniziato un cammino di uscita dalla tossicodipendenza, aveva inaugurato il primo Hogar, sintetizzandone il metodo nel “prendere la vita come viene”, in un lavoro che è “corpo a corpo” con i fratelli e le sorelle che si incontrano.<br /><br />Domenica 16 marzo 2025 la Basilica di Lujan si è riempita di gente rumorosa e felice. Da ogni parte del Paese, e anche dall’Ecuador e dal Paraguay, persone appartenenti agli Hogares della Familia Grande si sono trovate alla Messa a ringraziare per l’abbraccio ricevuto in questi anni e pregare per l’amato papa Francesco.<br />Ma c’era un’altra ragione, un’altra occasione di preghiera. L’amatissimo padre Carlos “Charly” Olivero, uno del primo gruppo all’origine della storia della Familia Grande, quando da seminarista si era trasferito a vivere alla Villa 21, è stato chiamato a una grande missione. <br />Lo ha annunciato padre Pepe Di Paola durante l’omelia, lo ha ricordato il Vescovo Oscar Ojea – già Presidente della Conferenza Episcopale Argentina e figura paterna per tanti Curas Villeros – prima di benedirlo: padre Charly andrà a vivere a Bogotà e a operare su mandato del Celam per portare il metodo della Familia Grande in tutto il Continente.<br />Il Vescovo Ojea, con la fierezza e la tenerezza di un padre, ha ricordato un brano del Documento di Aparecida: “Conoscere Gesù è il miglior regalo che può ricevere qualsiasi persona; averlo noi incontrato è il meglio che ci è successo nella vita e farlo conoscere […] è il nostro gusto”. Un gusto “grande e immenso”. E ha continuato ricordando a tutti che “affidare la missione dell’Hogar de Cristo a padre Charly significa trasferirgli il potere, il servizio, la missione di annunciare la Resurrezione di Gesù”; perché “ognuno dei membri dell’Hogar de Cristo annuncia la Resurrezione. Stava all’inferno e ne è uscito, questo proclama e porta nel mondo. Questo è l’annuncio del vangelo, trasmettere che Gesù è la vita, la vera felicità che ha la persona umana”.<br />Benedicendo padre Charly e chiedendo a tutti di unirsi nel gesto dell’inviarlo in Colombia stendendo le mani sopra di lui, il Vescovo Ojea gli ha affidato il compito “di portare all’America Latina questa ricchissima esperienza del Vangelo, quella in cui è stato implicato e inserito in tanti anni; in cui ha conosciuto la Virgen, si è consacrato a Lei e ha conosciuto Gesù”. Dunque, tutta la Familia Granda si stringe intorno a padre Charly, pregando affinché “i fratelli della Patria grande dell’America Latina possano arricchirsi con questo dono meraviglioso che Gesù e la Virgen ci affidano”.<br />Ciò che è accaduto domenica nella Basilica di Lujan ha il sapore di un passo nuovo nella storia della Familia Grande. C’è bisogno – dice lo stesso padre Charly in una video-testimonianza curato dalla “Pastoral Villera” - di questo abbraccio senza precondizioni che riceve ‘la vita come viene, tutte le vite, iniziando dal più rotto, quello che andiamo a cercare perché la Chiesa primérea, non si ferma ad aspettare”. <br /><br /><br /><br />Thu, 20 Mar 2025 12:10:05 +0100ASIA/MYANMAR - Nella zona di guerra, tra i Kachin, una vita di sofferenza, sfollamento e fedehttps://fides.org./it/news/76154-ASIA_MYANMAR_Nella_zona_di_guerra_tra_i_Kachin_una_vita_di_sofferenza_sfollamento_e_fedehttps://fides.org./it/news/76154-ASIA_MYANMAR_Nella_zona_di_guerra_tra_i_Kachin_una_vita_di_sofferenza_sfollamento_e_fedeBanmaw - "C'è pianto e sconforto nella diocesi di Banmaw dopo la distruzione della cattedrale di san Patrizio, incendiata dall'esercito del Myanmar . Ho visto tanti fedeli piangere e soffrire. Non possiamo che rifugiarsi nel Signore. In questo tempo di Quaresima la gente si riunisce in preghiera nella foresta, i fedeli celebrano Via crucis e processioni sulle montagne, e così con fede si uniscono alla sofferenza di Cristo", racconta all'Agenzia Fides un sacerdote locale nella comunità cattolica , che chiede l'anonimato per motivi di sicurezza. L'episodio dell'incendio della cattedrale è l'ultimo di una lunga serie di edifici di culto cattolici colpiti, danneggiati o distrutti dai soldati dell'esercito regolare birmano. "A volte il pretesto è che essi siano nascondigli delle forze della resistenza. A volte gli edifici sono occupati dai soldati e poi, una volta abbandonati, vengono distrutti per puro sfregio, per lasciare terra bruciata dietro di sè", spiega il sacerdote. "I soldati di Tatmadaw sono spesso ragazzi senza alcuna istruzione o cultura, arruolati e manipolati dai loro comandanti. Compiono gesti crudeli e non comprendono la gravità dei loro atti", rileva. <br />Il territorio della diocesi di Banmaw nel Nord del Myanmar, si trova nello stato Kachin, al confine tra Myanmar e Cina, dove vive la minoranza etnica Kachin, un popolo che rivendica autonomia da oltre 60 anni e ha organizzato un esercito, il "Kachin Independence Army". In quel territorio, la Chiesa cattolica è organizzata in due diocesi: la diocesi di Myitkyina e la diocesi di Banmaw . Il territorio,quasi del tutto montuoso, è attualmente una zona di guerra , in cui la popolazione affronta lo sfollamento e l'esodo, in una terra dove intere comunità sono state sradicate dal conflitto. Le famiglie, molte di cattolici, vivono nei campi profughi. I giovani Kachin non vedono alcuna speranza per il futuro, con limitate o assenti opportunità di istruzione o lavoro. <br />L'Esercito per l'indipendenza Kachin , che lotta per l'autodeterminazione nello stato, è tra le milizie etniche meglio organizzate, attive da decenni, che si sono unite alla resistenza contro l'attuale giunta militare al potere. Nelle scorse settimane gli scontri hanno interessato proprio il controllo della città di Banmaw, è in quella cornice vi è stata la distruzione della cattedrale cattolica mentre la maggior parte degli abitanti della città è fuggita. "Negli ultimi due anni - racconta la fonte di Fides - il conflitto ha interessato nove parrocchie sulle 13 esistenti nella diocesi, ingrossando il numero dei profughi". <br />Nei primi giorni di marzo il centro pastorale nel complesso della chiesa cattolica di San Michele, a Nan Hlaing, un'area rurale della diocesi di Banmaw, è stato colpito e distrutto da un bombardamento dell'esercito birmano . In una situazione di precarietà e violenza generalizzata, il Vescovo Raymond Sumlut Gam è attualmente trasferito nella parrocchia della città di Leiza, al confine con la Cina, saldamente in mano all'Esercito Kachin .<br />Le prime tracce di fede nell'area di Banmaw risalgono al tempo di un vescovo missionario molto amato, Paul Ambrose Bigandet MEP, a metà del 1800. Il Vescovo inviò poi nella zona di Banmaw i primi missionari francesi che si trovavano a contatto con le popolazioni Kachin, animiste, e iniziarono l'opera missionaria. Tra il 1872 e il 1939, 31 sacerdoti francesi servirono la gente nella zona di Banmaw, con alcuni catechisti. Nel 1936 e vi giunsero i missionari di San Colombano dall'Irlanda e l'opera di evangelizzazione assunse nuovo vigore. Nel 1939, la Santa Sede eresse formalmente la Prefettura apostolica di Banmaw. Dopo l'interruzione per la Seconda guerra mondiale, con la ripresa delle attività apostoliche nel 1961, la Prefettura apostolica divenne la diocesi di Myitkyina. Banmaw ha fatto parte della diocesi di Myitkyina fino al 2006, quando Papa Benedetto XVI ha creato la nuova diocesi di Banmaw, suffraganea dell'arcidiocesi di Mandalay, nominando mons. Raymond Sumlut Gam come primo Vescovo della diocesi.<br /> Thu, 20 Mar 2025 11:35:43 +0100AFRICA/CONGO RD - Nonostante le dichiarazioni di pace la guerra continua nell’est della RDChttps://fides.org./it/news/76153-AFRICA_CONGO_RD_Nonostante_le_dichiarazioni_di_pace_la_guerra_continua_nell_est_della_RDChttps://fides.org./it/news/76153-AFRICA_CONGO_RD_Nonostante_le_dichiarazioni_di_pace_la_guerra_continua_nell_est_della_RDCKinshasa – Avvio di un possibile negoziato di pace ma la guerra continua. È quanto accade nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dove ieri, 19 marzo, i ribelli dell’M23 appoggiati dal Ruanda, hanno conquistato il centro della cittadina di Walikale, nella provincia del Nord Kivu.<br />L’avanzata delle forze filo ruandesi è avvenuto all’indomani dell’incontro tenutosi a Doha, in Qatar, tra il Presidente del Ruanda, Paul Kagame, e il suo omologo congolese, Félix Tshisekedi Tshilombo, alla presenza dell’Emiro del Qatar, sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, Al termine dell’incontro è stata pubblicata una dichiarazione nella qual si afferma che “i Capi di Stato hanno ribadito l'impegno di tutte le parti a un cessate il fuoco immediato e incondizionato come concordato nel vertice congiunto EAC-SADC tenutosi a Dar es Salaam, in Tanzania, l'8 febbraio 2025”. “I Capi di Stato hanno quindi concordato sulla necessità di proseguire le discussioni avviate a Doha al fine di stabilire solide basi per una pace duratura come previsto nel processo di Luanda/Nairobi”. Oltre al Qatar anche l’Angola è impegnato nella mediazione per riportare la pace nell’est della RDC .<br />Nonostante gli sforzi negoziali la guerra continua, con successi alterni per l’M23 e i suoi alleati. Secondo quanto riportato dall’associazione della società civile locale ACMEJ , non sono state registrate avanzate significative delle forze dell’M23 nel Sud Kivu, dove le milizie da autodifesa locali denominate Wazalendo riescono loro tenere testa. Non è così nel Nord Kivu, dove secondo l’ACMEJ, le recenti conquiste territoriali ottenute dall’M23 sarebbero state favorite da alcune unità di Wazalendo che si sarebbero unite alle forze filo ruandesi.<br />L’M23 ha inoltre nominato nuovi amministratori nei territori conquistati di recente nelle due provincie congolesi, una mossa presentata come volta a “rafforzare la governance finanziaria e mineraria e garantire la trasparenza” nelle aree sotto il loro controllo.<br />Nel frattempo proseguono gli incontri ad alto livello da parte della delegazione congiunta della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo e della Chiesa di Cristo in Congo per presentare la loro iniziativa per il Patto sociale per la pace e la convivenza nella RDC e nella regione dei Grandi Laghi . Ieri, 19 marzo, la delegazione è stata ricevuta dal Presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha dichiarato con un post su X di sostenere pienamente l’iniziativa: "Per superare l'attuale crisi nell'est del Paese e consentire il ripristino della sovranità congolese, la Francia sostiene il dialogo". <br />Thu, 20 Mar 2025 11:09:54 +0100VATICANO -  Il Cardinale Tagle consacra Vescovi Sangalli e Sarrió Cucarella: Come San Giuseppe, siate annunciatori “silenziosi” della Parola di Diohttps://fides.org./it/news/76152-VATICANO_Il_Cardinale_Tagle_consacra_Vescovi_Sangalli_e_Sarrio_Cucarella_Come_San_Giuseppe_siate_annunciatori_silenziosi_della_Parola_di_Diohttps://fides.org./it/news/76152-VATICANO_Il_Cardinale_Tagle_consacra_Vescovi_Sangalli_e_Sarrio_Cucarella_Come_San_Giuseppe_siate_annunciatori_silenziosi_della_Parola_di_DioCittà del Vaticano - I Vescovi sono chiamati a essere annunciatori “silenziosi” della Parola di Dio. Loro fanno bene il proprio mestiere quando, senza protagonismi, diventano umili "custodi della presenza attiva di Dio nella sua Chiesa". E se i loro progetti non procedono, per loro è meglio “dormire”, come San Giuseppe, e "sognare i sogni di Dio". Questi sono alcuni dei consigli - carichi di suggestioni evangeliche - che il Cardinal Luis Antonio Gokim Tagle ha offerto a Samuele Sangalli e Diego Ramón Sarrió Cucarella durante la liturgia per la loro ordinazione episcopale, celebrata nella Basilica di San Pietro nel pomeriggio di mercoledì 19 marzo, solennità di San Giuseppe.<br /><br />Samuele Sangalli, Segretario Aggiunto con incarico di Responsabile dell’Amministrazione del Dicastero per l’Evangelizzazione , il 6 febbraio era stato nominato Vescovo titolare di Zella da Papa Francesco, che gli ha conferito il titolo personale di Arcivescovo ; Diego Ramón Sarrió Cucarella, dei Missionari d'Africa, già Preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica , il 25 gennaio era stato invece nominato dal Pontefice nuovo Vescovo di Laghouat, in Algeria.<br /><br />Alla solenne liturgia di ordinazione, concelebrata presso l'Altare della Cattedra, hanno preso parte oltre 30 tra Vescovi e Cardinali. Il Cardinale Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero missionario e consacrante principale, ha avuto come co-consacranti il Cardinale lombardo Francesco Coccopalmerio e l'Arcivescovo Fortunatus Nwachukwu, Segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione . <br /><br />Nella Solennità di San Giuseppe, e a 12 anni esatti dall’inizio solenne del Ministero petrino di Papa Francesco , il Cardinale Tagle ha rivolto lo sguardo proprio allo Sposo di Maria per offrire ai due nuovi Vescovi suggerimenti preziosi per il loro nuovo cammino di Successori degli Apostoli. Chiamati secondo il Concilio Vaticano II a accudire «in luogo di Dio al gregge di cui sono pastori quali maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto, ministri del governo della Chiesa»; e a essere «pastori della Chiesa di Dio che egli ha acquistato con il sangue del proprio Figlio», secondo le Parole di San Paolo. «Bellissimi insegnamenti» ha notato il Porporato filippino «che fanno tremare gli stessi Vescovi. Come può un Vescovo rendere giustizia a una responsabilità così grande? Certamente solo con la grazia di Dio». <br /><br />Anche Giuseppe - ha sottolineato il Cardinale Tagle - ha «accettato con fede la chiamata di Dio». La fede «è la fonte del coraggio e della creatività di Giuseppe, che subordina sempre il suo progetto a quello di Dio, anche quando è incomprensibile e scomodo». Allo stesso modo, anche il ministero ordinato, dei sacerdoti e dei Vescovi, «deve essere radicato in una risposta di fede a Dio e deve essere esercitato come risposta di fede». Spesso - ha notato il Cardinale Tagle - «pianifichiamo e ci aspettiamo che Dio esegua i nostri piani». Mentre in realtà «Non siamo noi i pianificatori e Dio non è l'esecutore dei nostri piani». E «Quando la vostra visione e i vostri progetti sembrano non progredire», ha aggiunto, rivolto ai nuovi Vescovi «dormite, come San Giuseppe». Perché « Quando dormiamo, infatti, siamo vulnerabili, meno controllati e quindi più ricettivi e aperti. Dormire e sognare i sogni di Dio. Svegliatevi per realizzare i sogni di Dio con obbedienza e zelo». <br /><br />San Giuseppe - ha ricordato il Pro-Prefetto del Dicastero Missionario - è considerato anche un «santo silenzioso». Di lui non è registrata nemmeno una parola nei Vangeli. Eppure «egli soccorre, cura e preserva il Verbo di Dio fatto carne nel grembo di Maria, la parola più importante». E «Ogni pensiero, battito del cuore e azione di Giuseppe parla di una parola, Gesù. È l'unica cosa che conta. Le sue stesse parole impallidiscono di fronte alla Parola più grande. Può stare in silenzio». Seguendo le orme di San Giuseppe, anche «i diaconi, i presbiteri e i vescovi devono essere "silenziosi" mentre annunciano la Parola di Dio». Perché «Non è la nostra parola che conta e che deve essere registrata per i posteri, ma la Parola di Dio». E «se i nostri pensieri, progetti, decisioni e azioni non parlano di Gesù, potremmo essere “come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita”».<br /><br />Inoltre, San Giuseppe è «un custode affidabile di Gesù». E mentre esercita la sua missione di custodire il Figlio di Dio, «Giuseppe sa che Gesù appartiene alla casa di suo Padre. La casa di Giuseppe a Nazareth ha valore solo se rimane un'ombra della Casa del Padre, da cui deve trarre luce». In maniera analoga - ha annotato il Cardinale Tagle - anche «Diaconi, presbiteri e vescovi sono chiamati a essere custodi della presenza attiva di Dio nella sua Chiesa». E «solo essendo umili amministratori della grazia di Dio» possono diventare «segni più efficaci dell'amore di Dio», senza protagonismi e ansie di prendere la scena. Perché «I vescovi non sono sostituti del Dio eternamente vivente. I vescovi non sono concorrenti del Salvatore». E come San Giuseppe, sono chiamati a essere «segni autentici della presenza di Dio nella Chiesa con una « vostra visibilità discreta di ombra che dipende dalla Luce».<br /><br /><br />Proprio imitando lo stile «sobrio ed essenziale di San Giuseppe», al termine della solenne liturgia l'Arcivescovo Sangalli ha letto alcune «semplici e doverose parole di ringraziamento». Indirizzate in primo luogo alla «Provvidenza di Dio, che ha concesso tutto questo pomeriggio di grazia» e a Papa Francesco, «che ci ha chiamato all'Episcopato e al quale rinnoviamo l'affetto e la preghiera per un pieno recupero a guida della Chiesa».<br />Il "grazie" del nuovo Vescovo si è esteso poi ai tre Vescovi consacranti, «che esprimono davvero l'universalità della Chiesa e a tutti gli altri Cardinali e Vescovi concelebranti, per il cui ministero siamo stati inseriti nel collegio episcopale, attraverso il dono dello Spiritus principalis, lo Spirito che regge e guida la Chiesa». Lo Spirito, ha aggiunto Sangalli, «che ho ricevuto dalla Chiesa» e «dal volto buono dei miei cari genitori, oggi già nella Vita eterna». Il ringraziamento del nuovo Arcivescovo si è rivolto poi a «fratelli e familiari, che hanno accompagnato, sostenuto e stimolato il mio cammino», e al clero e al «popolo ambrosiano, di Lecco e del Seminario di Milano con i miei antichi compagni». <br /><br />Non è mancato il grazie dell’Arcivescovo Sangalli «alle comunità ed associazioni che ho servito, non ultima la Fondazione Sinderesi», così come alle comunità accademiche della Pontificia Università Gregoriana e dei diversi atenei dove Sangalli è stato studente e professore. <br /><br />La gratitudine del nuovo Arcivescovo si è espressa anche nei confronti del Dicastero dei Vescovi, dove Sangalli ha lavorato per vent'anni, vissuti «a contatto con il pulsare vivo del costruirsi delle Chiese locali e della scelta dei loro pastori». L’ultimo ringraziamento il nuovo Arcivescovo lo ha riservato «alla grande famiglia del Dicastero per l'Evangelizzazione, che apre all'intero mondo alla ricchezza delle diverse tradizioni e culture, ognuna capace di raccontare e trasmettere il vangelo con la propria singolare peculiarità». <br /> Wed, 19 Mar 2025 23:29:36 +0100AMERICA/HAITI - Una rete di sentieri per lo sviluppo umano ed economico di Pourcine Pic Makayahttps://fides.org./it/news/76149-AMERICA_HAITI_Una_rete_di_sentieri_per_lo_sviluppo_umano_ed_economico_di_Pourcine_Pic_Makayahttps://fides.org./it/news/76149-AMERICA_HAITI_Una_rete_di_sentieri_per_lo_sviluppo_umano_ed_economico_di_Pourcine_Pic_MakayaPourcine - A Pourcine Pic Makaya sta terminando il momento della semina. I prossimi due mesi saranno difficili per la gente in attesa del raccolto. Tutto ciò che hanno come denaro lo hanno ‘messo sottoterra’ cioè usato per preparare i terreni e piantare. <br /><br />“Nelle prossime settimane i lavori agricoli diminuiranno di molto, la Comunità potrà occuparsi di sistemare alcuni sentieri e mulattiere che collegano il pianoro del villaggio con le altre località – scrive all’Agenzia Fides padre Massimo Miraglio, missionario Camilliano ad Haiti. Con un salario alle persone, organizzate in squadre di lavoro, si potrà aiutare diverse famiglie in un momento economicamente molto difficile. Due i risultati che cerchiamo – prosegue il Camilliano parroco di Notre Dame du Perpétuel Secours, Pourcine - migliorare la percorribilità di alcuni sentieri e aiutare economicamente più di 200 famiglie con un piccolo contributo economico frutto del loro lavoro.”<br /><br />Il villaggio di Pourcine Pic Makaya si trova su un pianoro a circa 1000 metri di altitudine ed è circondato da impervie montagne dove si trovano numerose frazioni collegate da difficili e scoscesi sentieri. A Pourcine abitano un po’ meno di 300 famiglie per un totale di quasi 1500 persone; nelle frazioni, una quindicina, abitano circa 2.000 persone. Il villaggio è il centro di riferimento per tutti gli abitanti dell’area ed ogni mercoledì si svolge il mercato, centro delle attività economiche della zona. A Pourcine ci sono 2 scuole, una statale ed una parrocchiale ed un piccolo dispensario parrocchiale. Dal pianoro partono i sentieri verso tutte le altre località ed i tre sentieri/mulattiere principali che collegano Pourcine con il resto della regione: il primo verso la cittadina di Beaumont, il secondo verso la valle adiacente di Castillon ed il terzo verso il fondovalle e Jérémie.<br /><br />“Tutta questa rete di sentieri di montagna svolge un ruolo fondamentale – racconta p. Miraglio -, permettendo alla gente di spostarsi dal centro verso le frazioni, verso i terreni che coltivano, in direzione dei mercati di sbocco dei prodotti della terra e verso le cittadine limitrofe della regione. Purtroppo a causa della orografia del territorio, delle piogge battenti, della poca manutenzione, questa rete di sentieri è in pessime condizioni e soprattutto nei periodi più piovosi, risultano spesso impraticabili. In particolare le mulattiere, particolarmente preziose, perché permettono il transito dei prodotti sui muli e garantiscono i collegamenti con le zone adiacenti, sono in pessime condizioni. In rare occasioni la Comunità locale si organizza, con i poveri mezzi a loro disposizione, per la pulizia dei sentieri ed il miglioramento della viabilità.”<br /><br />In aiuto alla popolazione padre Massimo sta lavorando ad un progetto di “riabilitazione e manutenzione dei sentieri e delle mulattiere che collegano le località della Comunità montana di Pourcine-Pic Makaya”, per permettere alla gente di spostarsi con maggiore sicurezza e rapidità, usando i muli che hanno a disposizione per movimentare una maggiore quantità di prodotti della terra e di beni essenziali alla vita della Comunità. L’obiettivo del progetto inoltre mira anche a favorire lo sviluppo economico e sociale dell’area, contrastando fenomeni di spopolamento e promuovendo un modello di lavoro partecipativo e durevole.<br /><br />“Beneficiari diretti del Progetto saranno 268 persone – riferisce il Camilliano - che saranno coinvolte direttamente nei lavori di pulizia e manutenzione dei sentieri mentre i beneficiari indiretti sarà tutta la popolazione di Poucine Pic Makaya che potrà godere dei miglioramenti alla viabilità della rete dei sentieri. In particolare, i bambini che percorrono quotidianamente i sentieri che dalle diverse frazioni portano al pianoro dove si trova la scuola, potranno spostarsi con maggiore sicurezza e rapidità. I beneficiari diretti, uomini e donne , saranno scelti tra gli abitanti delle località più periferiche che più necessitano di queste attività generatrici di reddito in un momento particolarmente difficile per gli agricoltori della zona.”<br /><br /> <br /><br />Wed, 19 Mar 2025 12:43:37 +0100OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Rinuncia e successione dell’Arcivescovo Metropolita di Mount Hagenhttps://fides.org./it/news/76151-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Rinuncia_e_successione_dell_Arcivescovo_Metropolita_di_Mount_Hagenhttps://fides.org./it/news/76151-OCEANIA_PAPUA_NUOVA_GUINEA_Rinuncia_e_successione_dell_Arcivescovo_Metropolita_di_Mount_HagenCittà del Vaticano - Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Mount Hagen , presentata da S.E. Mons. Douglas William Young, S.V.D. Gli succede S.E. Mons. Clement Papa, finora Arcivescovo Coadiutore della medesima Sede.<br /><br />S.E. Mons. Clement Papa è nato il 22 febbraio 1971 a Mount Hagen, Western Highlands, .<br />Ha svolto gli studi di Filosofia al Seminario del Buon Pastore a Maiwara, Madang, e, dopo un’esperienza pastorale e spirituale, quelli di Teologia presso l’Holy Spirit Seminary e il Catholic Theological Institute a Bomana, National Capital District. È stato ordinato sacerdote il 3 dicembre 1999 per l’Arcidiocesi Metropolitana di Mount Hagen.<br /><br />Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Vice Parroco di Fatima ; Parroco a Kol-Ambulua ; Licenza in Teologia Dogmatica alla Pontificia Università Urbaniana di Roma ; Cappellano presso l’Holy Trinity Teachers College ; Preside degli studi al Good Shepherd Seminary di Mt. Hagen ; Dottorato in Teologia al Melbourne College of Divinity ; Docente al Good Shepherd Seminary ; Rettore del Good Shepherd Seminary ; Membro del Comitato delle finanze e Membro del Consiglio di fondazione dell’Arcidiocesi ; dal 2023 è Direttore ad interim dell’Anno spirituale del Good Shepherd Seminary.Tue, 18 Mar 2025 15:35:23 +0100AFRICA/CONGO RD - “Basta con 30 anni di guerra impostaci per depredare le risorse del nostro Paese”: appello degli universitari di Butembo-Benihttps://fides.org./it/news/76148-AFRICA_CONGO_RD_Basta_con_30_anni_di_guerra_impostaci_per_depredare_le_risorse_del_nostro_Paese_appello_degli_universitari_di_Butembo_Benihttps://fides.org./it/news/76148-AFRICA_CONGO_RD_Basta_con_30_anni_di_guerra_impostaci_per_depredare_le_risorse_del_nostro_Paese_appello_degli_universitari_di_Butembo_BeniKinshasa – “Viviamo in guerra da più di 30 anni. La guerra è nata prima della nostra generazione. Ha prodotto miseria, milioni di sfollati interni, milioni di morti” affermano gli studenti universitari di Butembo-Beni, nel Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.<br />Da gennaio vaste porzioni di territorio delle provincie del Nord e Sud Kivu sono state conquistate dal movimento di guerriglia M23 con l’appoggio dell’esercito ruandese, compresi i due capoluoghi, Goma e Bukavu.<br />Nel loro appello, pervenuto all’Agenzia Fides, i membri del Consiglio studentesco dell’università cattolica del Graben di Butembo-Beni, lamentano che “la comunità internazionale ha avuto un atteggiamento passivo”. “Il conflitto mette in pericolo la sovranità della RDC e il nostro diritto alla vita. Bambini, donne e uomini sono esposti ad atrocità e ogni genere di violenze e violazioni dei diritti umani”.<br />Gli studenti lanciano “un grido d’allarme”. “Consapevoli delle sfide e dei problemi legati alla pace e alla sicurezza nel mondo, esprimiamo la grande stanchezza nostra e del popolo congolese. Da troppo tempo siamo aggrediti, massacrati, uccisi, privati delle libertà fondamentali, spogliati della dignità umana. Abbiamo bisogno di pace”.<br />Gli studenti di universitari di Butembo-Beni ricordano che a fondamento della guerra imposta alla popolazione congolese, non vi sono chissà quali conflitti “atavici” ma attualissimi interessi economici e strategici: “Non c’è più bisogno di provare che alla base di questa tragedia ci sono ragioni economiche ed espansionistiche. Gli interessi materiali fanno di noi delle prede: le nostre risorse minerarie, necessarie per la transizione tecnologica ed energetica, sono fra le più ambite dalle potenze mondiali. Ma per accedervi, è proprio necessario ucciderci, condannarci alla miseria, distruggere le nostre città, le nostre case, il nostro ambiente?”. Un esempio di questa predazione è dato dalle 10 tonnellate di minerali strategici prelevati a metà febbraio dai miliziani M23 da un impianto nel Sud Kivu .<br />Per questo gli studenti chiedono che “le nostre ricchezze vadano a vantaggio delle figlie e dei figli della RDC. Vogliamo che le potenze negozino direttamente con la Repubblica democratica del Congo partenariati condotti in equo e pacifico, nell’interesse di tutti i popoli. Le nostre risorse non devono essere estorte con lo sfruttamento illecito, al prezzo delle nostre vite. Insieme dobbiamo trovare il modo di condividerle nel rispetto di tutti i diritti umani e del principio della sovranità degli Stati”.<br />“Lanciamo dunque un appello pressante e urgente a tutti gli attori sulla scena internazionale, affinché svolgano correttamente il proprio ruolo. Devono operare per far sì il mondo ritrovi pace e sicurezza, per far sì che tutti i popoli del mondo abbiano finalmente una vita serena. Non abbiamo né industrie di produzione di armi, né laboratori di armi nucleari. Perché imporci la guerra? Vogliamo pace e sicurezza, senza condizioni” concludono. <br />Tue, 18 Mar 2025 11:50:50 +0100ASIA/INDONESIA - Una "visione comune" per l'umanità e per la pace: Intervista all'Ambasciatore indonesiano presso la Santa Sede, per i 75° anni dei rapporti diplomaticihttps://fides.org./it/news/76141-ASIA_INDONESIA_Una_visione_comune_per_l_umanita_e_per_la_pace_Intervista_all_Ambasciatore_indonesiano_presso_la_Santa_Sede_per_i_75_anni_dei_rapporti_diplomaticihttps://fides.org./it/news/76141-ASIA_INDONESIA_Una_visione_comune_per_l_umanita_e_per_la_pace_Intervista_all_Ambasciatore_indonesiano_presso_la_Santa_Sede_per_i_75_anni_dei_rapporti_diplomaticidi Paolo Affatato<br /><br />Roma - “La visita di Papa Francesco in Indonesia e la firma della Dichiarazione dell’Istiqlal, lo scorso settembre, sono state un coronamento delle relazioni diplomatiche tra l'Indonesia e la Santa Sede”: lo afferma Michael Trias Kuncahyono, Ambasciatore della Repubblica d’Indonesia presso la Santa Sede, in occasione del 75° anniversario dell’allaccio ufficiale dei rapporti diplomatici tra Indonesia e Santa Sede, avvenuto il 13 marzo del 1950. L’Agenzia Fides gli ha rivolto alcune domande<br /><br />- Ambasciatore, può ricordare il contesto storico-politico in cui avvenne l'allaccio delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Indonesia, 75 anni fa?<br /><br />L'Indonesia aveva da poco completato il cammino per ottenere l'indipendenza dai colonizzatori olandesi: l'Indonesia si proclamò indipendente nel 1945. Ma all'epoca comunque c'erano ancora spinte coloniali da parte delle potenze europee, nel caso specifico degli olandesi. Fu allora il primo Vescovo indonesiano nativo, monsignor Albertus Sugiyopranoto che invitò il Vaticano a riconoscere l'indipendenza indonesiana. Non solo per l'affermazione dell'indipendenza dello Stato ma anche perché molti missionari erano ancora imprigionati dalle forze coloniali. Questo fatto poteva essere una buona spinta per ottenere il riconoscimento dell'Indonesia.<br /><br />- La personalità di Albertus Sugiyopranoto fu dunque determinante?<br /><br />Vescovo dal 1940, egli diede un contributo importante anche nel corso dell'occupazione delle forze giapponesi nel 1942, che avevano arrestato preti e suore. Mons. Sugiyopranoto prese una posizione molto chiara. Quando le forze olandesi attaccarono gli indonesiani nel 1947, fece un appassionato discorso alla radio spingendo i cattolici a difendere la patria. Fu fautore del coinvolgimento dei cattolici nel movimento indipendentista. Nel frattempo prese contatti con la Santa Sede che nel dicembre 1947 inviò un suo delegato, avviando relazioni dirette con il presidente Sukarno. Allora il Delegato apostolico, di concerto con il vicepresidente indonesiano Mohamed Atta, dialogavano per instaurare relazioni formali. Così il 13 marzo 1950 la Santa Sede iniziò le relazioni diplomatiche con l'Indonesia con status di Internunziatura Apostolica, che divenne poi Nunziatura Apostolica il 6 dicembre 1966.<br /><br />- Quali erano, nelle due parti, i rispettivi obiettivi nell'instaurare tali relazioni?<br /><br />Sappiamo che la diplomazia della Santa Sede è diversa da tutte le altre diplomazie nel mondo. L'ambasciatore vaticano, oggi il Nunzio Apostolico, viene inviato in uno Stato non solo con il ruolo di intermediario tra stati ma anche per tenere in connessione e relazione la Chiesa di Roma con la Chiesa locale, nel Paese in cui si trova. Allora in Indonesia c'era una grande crescita della comunità cattolica, un fenomeno che suscitava interesse nella Santa Sede. C'era dunque la necessità di agevolare l'opera pastorale e la vita della Chiesa locale. Bisognava seguire e approfondire l’opera apostolica in Indonesia. L'obiettivo della Santa Sede è sempre prendersi cura della Chiesa cattolica e il Delegato era il rappresentante del Papa in questo processo.<br />L'Indonesia, dal canto suo, ha voluto instaurare rapporti diplomatici perché, come paese giovanissimo, aveva bisogno di essere riconosciuto nella comunità internazionale. Il riconoscimento internazionale da parte della Santa Sede ha avuto un valore immenso: la Santa Sede è stata la prima entità europea ad aver riconosciuto lo Stato indonesiano. Questo poi ha portato anche gli altri Stati europei a seguire l'esempio. E' stato un passo determinante.<br /><br />- La Chiesa cattolica era allora già radicata in Indonesia? in quali forme e con quale configurazione?<br /><br />La religione cattolica in Indonesia era una comunità già ben radicata, soprattutto grazie ad alcuni missionari e "padri spirituali" della comunità, come il Gesuita Franciscus Van Lith, che si era molto impegnato nell'apostolato dell'istruzione, aprendo scuole a Giava, un'opera molto apprezzata dalla società indonesiana del tempo. Il primo Vescovo indonesiano Sugiyopranoto era uno degli allievi di padre Van Lith. Più a Oriente nell'area di Flores, poi, era già radicata la presenza cattolica grazie ai portoghesi. Ricordiamo che il cristianesimo era arrivato già nel VII secolo e poi nel XVI secolo erano approdati in Indonesia vari missionari dal portogallo tra i quali Francesco Saverio, di passaggio nelle Molucche nel suo viaggio verso la Cina. <br />Inoltre, il fatto che l'Indonesia, alla sua nascita nel 1945, sia fondata sulla "Pancasila" la carta dei cinque principi, uno dei quali è la fede in Dio; e che abbia adottato il principio "diversi ma uno": questo ha fatto intendere alla Santa Sede che c'era un terreno fertile in cui tutte le religioni avevano la possibilità di prosperare.<br /><br />- L'approccio "unità nella diversità” fu un punto cruciale? <br /><br />Quel principio è stato il catalizzatore nei rapporti diplomatici. Ma anche gli altri, come l’uguaglianza e fratellanza, sono in armonia con i valori cristiani. I padri fondatori furono abbastanza lungimiranti nel considerare hce una nazione così ricca di culture, etnie e religioni diverse avrebbe potuto sopravvivere solo restando fedele al motto “unità nella diversità”. Già Papa Pio XII lo apprezzò e anche Papa Francesco lo ha ribadito dicendo che il modello dovrebbe essere preso a esempio, soprattutto nei paesi dove c'è grande pluralismo ed è difficile restare uniti: siamo diversi ma siamo fratelli.<br /><br />- Nella storia indonesiana, nel disegnare l'architettura della Repubblica si scelse di non costruire uno stato mono religioso...<br /><br />Fu così: il primo dei cinque principi fondativi era “la fede in un unico Dio”, poi quella frase avrebbe dovuto continuare dicendo “nella maniera islamica”. Ci fu un grande dibattito in proposito, poi si decise di lasciare soltanto “fede in un unico Dio”. Mohammad Atta, il vicepresidente, che era musulmano e veniva da Padang una città fortemente islamica, lo indicò chiaramente perché, disse, “dobbiamo rimanere uniti”. Fu una visione lungimirante.<br /><br />- Quali punti in comune rileva oggi tra Indonesia e Santa Sede, nel rispettivo approccio politico e culturale?<br /><br />Dal punto di vista politico Indonesia e Santa Sede si ritrovano in una politica che sia sempre a favore dell’umanità. La Santa Sede non opera per il mantenimento di un potere temporale ma per lo sviluppo dell’uomo, della sua dignità e dei suoi diritti. Credo che anche l’Indonesia abbia il medesimo approccio, come dicono la Pancasila e la nostra Costituzione, promuovendo uguaglianza, libertà, democrazia così come la pace. Sono punti cha accomunano Indonesia e Santa Sede.<br /><br />- C’è una visione comune anche dell'uso dello strumento della diplomazia?<br /><br />Nello strumento della diplomazia l'aspetto che ci accomuna si può vedere nei principi fondatori, come la libertà dal colonialismo e la promozione della pace: lo vediamo in scenari come il Medio oriente, l'Ucraina, il Myanmar. La "diplomazia della speranza", citata da Papa Francesco nel suo recente discorso al Corpo diplomatico, l'abbiamo intesa come diplomazia che vuole migliorare il mondo in maniera armonica e complessiva. La speranza deve partire dalla fiducia , che è alla base dei rapporti tra stati. La speranza di pace nei vari scenari di conflitto si genera sulla base della fiducia tra gli interlocutori. <br /><br />- Cosa ha significato il viaggio di papa Francesco in Indonesia nel 2024?<br /><br />La visita di Papa Francesco in Indonesia e la firma della Dichiarazione dell’Istiqlal, lo scorso settembre, sono state un coronamento delle relazioni diplomatiche tra l'Indonesia e la Santa Sede. Non tutti i paesi con cui la Santa Sede ha relazioni sono visitati dal pontefice. E tre Papi hanno visitato l’Indonesia – Papa San Paolo VI , Papa San Giovanni Paolo II e Papa Francesco .<br />Il viaggio non è stato percepito come un viaggio riservato alla comunità cattolica, ma è stato percepito come un visita a tutti gli indonesiani, che hanno accolto il Papa con grande calore. Il Papa è divenuto un modello di leader da seguire: si è dimostrato alla mano, si è mostrato in un'auto non di lusso, è stato sempre molto umile e si è fermato a salutare tutti. L'Indonesia ha mostrato il suo vero volto, un volto plurale, composto da gente di diverse culture e religioni che hanno accolto il Papa in maniera calorosa ed entusiasta. Oggi, nel momento della sua malattia, tanti mi scrivono, non solo cattolici ma anche musulmani, dicendo: preghiamo per lui.<br /><br />- Cosa si augura per il futuro?<br /><br />Vogliamo rafforzare sempre più i rapporti tra Indonesia e Santa Sede: e, dato che non vi è l'aspetto politico e economico, farlo mediante la cultura. Intendiamo far conoscere empre meglio il pluralismo della cultura indonesiana e il suo volto pacifico. La Santa Sede è, per noi, anche una porta verso il resto del mondo. Un altro campo di feconda collaborazione è quello del dialogo interreligioso, secondo la visione di papa Francesco. Questi sono i binari per le relazioni future. <br /><br />Tue, 18 Mar 2025 13:45:06 +0100ASIA/CINA - Riconsacrate e riaperte nella diocesi di Shanghai due chiese dedicate a San Giuseppehttps://fides.org./it/news/76150-ASIA_CINA_Riconsacrate_e_riaperte_nella_diocesi_di_Shanghai_due_chiese_dedicate_a_San_Giuseppehttps://fides.org./it/news/76150-ASIA_CINA_Riconsacrate_e_riaperte_nella_diocesi_di_Shanghai_due_chiese_dedicate_a_San_Giuseppe Shanghai – “Visto che è stato costruito nuovamente il tempio visibile, ora dobbiamo rendere anche più vivo spiritualmente il tempio interiore del nostro cuore”. E’ questa l’esortazione rivolta da Giuseppe Shen Bin, Vescovo della diocesi di Shanghai ai battezzati cattolici della sua diocesi in occasione della riconsacrazione e inaugurazione di due chiese dedicate a San Giuseppe in vista della solennità dedicata al Santo Sposo della Vergine Maria e padre putativo di Gesù, il prossimo 19 marzo. <br /><br />Domenica 16 marzo, seconda domenica di Quaresima, il Vescovo Shen Bin ha consacrato la chiesa di Tianma, nel distretto di Songjiang. In occasione della liturgia a cui hanno preso parte più di mille persone, il Vescovo Shen Bin ha conferito anche il sacramento della Cresima a più di duecento adulti. Durante l’omelia, Shen Bin ha ringraziato anche tutti i sacerdoti, le suore e i laici della parrocchia per la dedizione e l’impegno con cui hanno sostenuto il restauro della chiesa, e anche le autorità civili per il sostegno logistico prestato. “Che questo tempio della grazia di Dio” ha auspicato il Vescovo “sia una casa di fede accogliente per tutti, affinché possiamo camminare insieme verso la santità sotto la guida dello Spirito Santo”.<br /><br />La fervida devozione a San Giuseppe, Patrono della Cina si tramanda tra i cattolici cinesi di generazione in generazione, e viene ogni anno ravvivata a marzo, mese dedicato al Santo. In Cina sono dedicate a San Giuseppe tante chiese, strutture ecclesiastiche, seminari, congregazioni religiose nazionali e diocesane, istituti caritativi e scuole. I santuari cinesi dedicati al Santo accolgono pellegrini e devoti provenienti da tutte le parti della Cina e dall’estero.<br /><br />Sabato 15 marzo il Vescovo Giuseppe Shen Bin aveva già presieduto la consacrazione di un’altra chiesa di Beitaowan, nel distretto di Baoshan, anch’essa dedicata a San Giuseppe. In quell’occasione trenta sacerdoti diocesani hanno concelebrato la messa davanti a più di 300 fedeli, ed è stato amministrato il sacramento della Cresima a 17 parrocchiani.<br /> <br />La chiesa di Beitaowan del distretto di Baoshan fu costruita nel 1650 durante la dinastia Qing, e ricostruita intorno al 1875 Una scuola elementare annessa alla chiesa era stata costruita nel 1949. Il 10 marzo 1989 era stata restaurata e riaperta ai fedeli, divenendo la prima chiesa cattolica di nuovo aperta al culto distretto di Baoshan. <br /><br />La chiesa di Tianma, nel distretto di Songjiang, era stata costruita nel 1850. Alla chiesa era collegato anche un ospedale gestito dalle suore canosiane. Il 16 dicembre 1989 era stata riaperta al culto. Oggi nell’area dell’antica struttura ospedaliera sorge un policlinico pubblico. <br /> <br />Mon, 17 Mar 2025 12:44:12 +0100ASIA/MYANMAR - Banmaw, incendio distrugge la Cattedrale di San Patriziohttps://fides.org./it/news/76147-ASIA_MYANMAR_Banmaw_incendio_distrugge_la_Cattedrale_di_San_Patriziohttps://fides.org./it/news/76147-ASIA_MYANMAR_Banmaw_incendio_distrugge_la_Cattedrale_di_San_PatrizioBanmaw - La Cattedrale di Banmaw, cittadina dello stato di Kachin, in Myanmar, è andata distrutta a causa di un incendio domenica 16 marzo, alla vigilia della festa di San Patrizio, Santo a cui è dedicata.<br /><br />La Cattedrale sarebbe stata incendiata durante operazioni condotte nell’area da soldati del SAC , la giunta militare che al momento detiene il potere in Myanmar.<br /><br />Il rogo, secondo testimonianze pervenute all’Agenzia Fides, è divampato alle 4 del pomeriggio di domenica 16 marzo. La casa del sacerdote, l’edificio a tre piani che ospita gli uffici diocesani e la scuola superiore erano già stati incendiati il 26 febbraio scorso. <br /><br />La diocesi di Banmaw, eretta nel 2006 e guidata dal Vescovo Raymond Sumlut Gam, confina a est con la Cina e copre un’area in gran parte montuosa di 10.741 chilometri quadrati. Prima della situazione di conflitto in atto era abitata da una popolazione civile di più di 407mila abitanti , appartenenti a diverse etnie. <br />Mon, 17 Mar 2025 11:34:53 +0100AFRICA/NIGERIA - Assassinato il seminarista sequestrato il 3 marzo, mentre è libero il prete rapito con luihttps://fides.org./it/news/76146-AFRICA_NIGERIA_Assassinato_il_seminarista_sequestrato_il_3_marzo_mentre_e_libero_il_prete_rapito_con_luihttps://fides.org./it/news/76146-AFRICA_NIGERIA_Assassinato_il_seminarista_sequestrato_il_3_marzo_mentre_e_libero_il_prete_rapito_con_luiAbuja – Assassinato il seminarista catturato insieme a un sacerdote il 3 marzo, nel sud della Nigeria , mentre quest’ultimo ha ritrovato la libertà.<br />Secondo quanto comunicato dalla diocesi di Auchi “p. Philip Ekweli è stato rilasciato dai rapitori, intorno alle 16 di giovedì 13 marzo, nei pressi del villaggio di Amughe, a pochi chilometri dalla città di Okpekpe, North Ibie nell'Etsako East LGA dello Stato di Edo, ponendo fine a dieci giorni di prigionia nelle mani dei suoi rapitori”.<br />“Purtroppo il seminarista maggiore di 21 anni, Andrew Peter, che era stato rapito insieme a Padre Ekweli, è stato assassinato dai rapitori” afferma il comunicato firmato da Padre Peter Egielewa direttore delle comunicazioni sociali della diocesi. <br />Padre Ekweli e il seminarista Andrew sono stati rapiti il3 marzo, intorno alle 21.30, dalla canonica della chiesa cattolica di San Pietro a Iviukhua-Agenebode, nella contea di Etsako East, nello Stato di Edo, quando uomini armati hanno attaccato sia la canonica che la chiesa. I due sono stati condotti nelle foreste vicine.<br />La diocesi chiede alle forze di sicurezza di proteggere la popolazione dello Stato di Edo dai continui rapimenti: “Il vescovo di Auchi, Gabriel Dunia, esprime "gratitudine a tutti per le preghiere e il sostegno morale ricevuti mentre padre Ekweli e il seminarista erano tenuti prigionieri. Chiede al governo a tutti i livelli e alle agenzie di sicurezza di fermare il deterioramento delle condizioni di sicurezza Stato di Edo, che è diventato un rifugio sicuro per i rapitori, che possono operare impunemente, mentre la popolazione si sente impotente e abbandonata”. <br />“Le persone non sono al sicuro sulle strade, nelle loro fattorie e persino nelle loro case” afferma il comunicato della diocesi. “Ciò è inaccettabile quando ci sono funzionari eletti il cui dovere è proteggere la gente. Il Vescovo è grato al governo dello Stato di Edo per i suoi sinceri sforzi nel recuperare le persone rapite, ma esprime insoddisfazione per la risposta della polizia in particolare negli sforzi di salvataggio, esortandoli a mettere in atto misure migliori misure per salvare i sequestrati, anziché lasciare l'intero sforzo di salvataggio esclusivamente nelle mani dei familiari, degli amici e dei conoscenti dei rapiti”.<br />Padre Egielewa ricorda che “negli ultimi dieci anni, nelle nostra diocesi sei dei suoi sacerdoti sono stati rapiti, torturati e rilasciati, tre sono stati aggrediti ma sono riusciti a fuggire e uno è stato brutalmente assassinato; ora è stato assassinato anche il seminarista Andrew Peter”.<br />“Possano per la misericordia di Dio riposare in pace le anime del seminarista Andrew Peter, di Padre Christopher Odia e di tutti coloro che sono stati uccisi dai rapitori in Nigeria.” conclude. <br />Mon, 17 Mar 2025 11:04:24 +0100