SMA
di Mauro Armanino
Niamey (Agenzia Fides) - Era il mercoledì 29 maggio passato, nella savana che conduce al Burkina Faso. Un gruppo di militari nigerini ha bruciato i granai nel villaggio di Nadouani, della parrocchia di Bomoanga.
In seguito, nel villaggio di Tchinibai, altri militari, dopo aver scoperto e poi bruciato una moto nascosta nella capanna, hanno ucciso 7 contadini che intrecciavano stuoie al riparo di un albero. Morti invisibili di contadini uccisi ad opera di gruppi armati e, apparentemente anche da parte di coloro che dovrebbero proteggerli. Da armi a armi e da sopruso in sopruso si vive abitando quotidianamente la paura che domani non arrivi troppo tardi, con altre domande e minacce da parte dei ‘djihadisti’ o sedicenti tali.
Il calvario del popolo gourmanché, insediato alla frontiera tra il Burkina e il Niger, sembra senza fine. Si tratta di un popolo che, per molto tempo, ha resistito alle pressioni dell’imposizione musulmana e ha poi aderito in modo sorprendente al cristianesimo. Queste persone si trovano da tempo in una situazione di persecuzione aperta e dolorosa da parte dei gruppi armati composti soprattutto da giovani del popolo Peul o Fulani, per tradizione allevatori di bestiame.
Il conflitto armato si tinge di ideologia islamica ‘salafista’. Ciò però non spiega tutto ciò che sta accadendo in questa zona situata ad un centinaio di chilometri dalla capitale Niamey. Allevatori, agricoltori, cristiani, musulmani soprattutto di etnia ‘Peul’ in un contesto militarizzato nei quale i contadini della regione contano sempre meno. In questa fase di transizione politica, che segue il colpo di stato di fine luglio (vedi Agenzia Fides 27/7/2023), le condizioni di vita dei poveri si sono ulteriormente deteriorate. La parola ‘genocidio’, usata e abusata sotto altri lidi, può apparire eccessiva. Eppure ciò a cui stiamo assistendo, con le dovute proporzioni e differenze, si apparenta a questo particolare processo di sparizione. Non è casuale che, talvolta nella relativa indifferenza delle forze di sicurezza, si lasci perpetrare un calvario culturale, economico, religioso e etnico nella savana.
Un popolo da tempo ‘dimenticato’ dallo Stato. L’elemento cristiano, ben presente nel cuore di questo popolo, si è gradualmente trasformato in fattore ‘aggravante’ di persecuzione. Sono ormai molti i villaggi di questa zona di frontiera che i contadini gourmanché hanno dovuto abbandonare. Stranamente ma non molto, i membri dell’etnia ‘peul’ vivono indisturbati in questi stessi villaggi, protetti dai gruppi armati e ignorati dai militari. Per ironia divina è proprio di questa regione che sono originari i prossimi due presbiteri della chiesa di Niamey, la cui ordinazione è prevista per il prossimo mese di settembre. Dal calvario alla risurrezione nella savana passano appena tre giorni.
(Agenzia Fides 7/6/2024)