ASIA/PAKISTAN - Alle violenze subìte, gli ahmadi rispondono: “Amore per tutti, odio per nessuno”

sabato, 29 giugno 2024 minoranze religiose   diritti umani  

Lahore (Agenzia Fides) - Echeggia anche e soprattutto in tempi di violenza gratuita,  subìta per un odio alla fede, il motto della comunità "Ahmadiyya": “Amore per tutti, odio per nessuno”, dice all'Agenzia Fides l'imam della comunità Ahmadiyya d’Italia, Ataul Wasih Tariq, raccontando la  drammatica situazione che la comunità vive in Pakistan. Nella nazione, le violenze perpetrate contro la comunità Ahmadiyya si sono registrate anche durante la festa dell’Eid-al-Adha,  la “festa del sacrificio” è per i musulmani la festa religiosa che dura tre giorni (nel 2024 è stata dal 16 al 19 giugno) durante i quali i musulmani fanno visita a parenti e amici, si scambiano regali e saluti, compiono il pellegrinaggio canonico, detto "hajj".
Fondata nel 1889 da un mistico musulmano nel Punjab, nell'attuale zona di confine tra India e Pakistan, la  "Ahmadiyya" è una comunità religiosa presente in oltre 180 Paesi nel mondo, con circa 100 milioni di fedeli. In particolare in Pakistan  gli ahmadi sono imprigionati per blasfemia, abusati, uccisi perché considerati seguaci di un’eresia dell’Islam. Varie leggi classificano in Pakistan la comunità Ahmadiyya come “non musulmana” e impongono loro restrizioni. 
In realtà, rimarca l'imam Ataul Wasih Tariq, gli Ahmadi sono interpreti fedeli  dell’Islam , ne seguono fedelmente i principi e professano un ritorno alle origini fatto di purezza, non violenza, pace, promozione di giustizia e diritti.
Nei giorni scorsi  ai  membri del movimento religioso  è stato impedito da gruppi estremisti e forze dell’ordine del Pakistan di svolgere i propri riti e sacrifici, anche all’interno delle abitazioni private. Inoltre, sette Ahmadi sono stati arrestati il giorno prima dell’Eid nel Punjab, in chiara violazione dei loro diritti umani e delle sentenze della Corte Suprema del Pakistan.
Gli Ahmadi, accanto ad altre organizzazioni della società civile chiedono alle autorità pakistane di porre immediatamente fine alle intimidazioni e agli attacchi contro la comunità Ahmadiyya e tutelare il loro diritto alla libertà di credo e di religione.
L'Ufficio per le missioni estere dell'Ahmadiyya ha documentato  almeno  36 casi di arresti e detenzioni arbitrarie, oltre a numerosi casi di abusi e violenze da parte della polizia del Pakistan  nei confronti degli ahmadi. Si sono verificati anche diversi attacchi contro luoghi di culto ahmadi, senza che le autorità riuscissero a garantire l'incolumità dei membri della comunità.
Gli ahmadi rimangono una comunità sistematicamente discriminate e privata dei diritti fondamentali in Pakistan. Sono vittime della legge di blasfemia e spesso le accuse rivolte loro, registrate in denunce alla polizia, sono presentate da affiliati del Tehreek-e-Labbaik Pakistan (TLP), un partito noto per alimentare discorsi di odio e violenza contro le minoranze religiose in Pakistan.
L'Ufficio della Ahmadiyya   nota che nel 2023 le vessazioni contro gli ahmadi sono visibilmente più elevate rispetto allo scorso anno, con il divieto perfino di pregare: si chiede dunque alle autorità di "prendere atto di questa continua violazione della diritti fondamentali degli Ahmadi ai sensi della Costituzione del Pakistan" e si invita "la comunità internazionale  a fermare  questa ingiustizia, chiedendo la tutela dei diritti degli Ahmadi in Pakistan".
“La nostra comunità – afferma l'imam Wasih Tariq – da oltre cento anni è impegnata per la pace e il dialogo. Crediamo profondamente  che l’amore e la comprensione reciproca siano le fondamenta su cui costruire un mondo migliore e abbiamo condiviso questa convinzione con papa Francesco, nel nostro recente incontro con lui, per  rafforzare la nostra responsabilità e la speranza per il futuro. I principi e i valori di amore, tolleranza e dialogo, che abbiamo sempre promosso, trovano un terreno comune con le iniziative e l’apertura della Santa Sede verso le altre fedi, nello spirito della fraternità universale che continueremo a vivere e promuovere nonostante le sofferenza per la violenza subita".
(PA) (Agenzia Fides 29/6/2024)


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