Catholic Bishop Conference of Myanmar
di Paolo Affatato
(Agenzia Fides) - Universalità, inculturazione, misericordia, riferimento ai Sacramenti: Papa Francesco nel corso del suo pontificato ha rintracciato nella dinamica di come il Vangelo si è diffuso e cammina in terre asiatiche un esempio di autenticità e un paradigma valido per la Chiesa in tutto il mondo.
“In Asia bisogna andare”, aveva detto papa Francesco nel 2013, all'inizio del suo pontificato, di ritorno dal Brasile, e i viaggi asiatici immediatamente successivi (in Corea nel 2014 ), in Sri Lanka e Filippine (nel 2015) realizzarono ben presto il suo desiderio di percorrere sentieri e incontrare i popoli dell'Oriente. Quel desiderio prese corpo con i viaggi in Myanmar e Bangladesh (2017) Thailandia e Giappone (2019), Kazakhstan (2022) Mongolia (2023), e l'ultimo Indonesia, Timor Est, Singapore (2024).
Lo sguardo rivolto da Papa Francesco verso la multiforme realtà dei popoli asiatici e delle loro civiltà è stato lontano anni luce delle trappole dei neo-colonialismi di matrice occidentale. Anzi, l'atteggiamento è sempre quello dell'imparare, di saper cogliere segni e lezioni utili ai credenti nati e vissuti in paesi di antica tradizione cristiana.
“Sono stato nel cuore dell’Asia e mi ha fatto bene. Fa bene entrare in dialogo con quel grande continente, coglierne i messaggi, conoscerne la sapienza, il modo di guardare le cose, di abbracciare il tempo e lo spazio”, ha detto Papa Francesco di ritorno dal viaggio apostolico in Mongolia. Ricordando che il popolo mongolo è una comunità cattolica "umile e lieta", Francesco ha svelato uno degli elementi cruciali : “E’ lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio”. “Il Signore infatti - ha spiegato - non cerca il centro del palcoscenico, ma il cuore semplice di chi lo desidera e lo ama senza apparire, senza voler svettare sugli altri”.
Nel Continente più vasto e plurale, culla delle grandi religioni, dove spesso le comunità cattoliche sono infinitesimali, nascoste e del tutto irrilevanti, Papa Bergoglio ha riconosciuto il senso della cattolicità, “un’universalità incarnata, inculturata, che coglie il bene lì dove vive e serve la gente con cui vive”. il Papa ha elogiato la testimonianza di fede esemplare, data da alcuni missionari che spesso in contesti dove non Cristo non era ancora arrivato sono stati i semi "non di un’universalità che omologa, bensì di un’universalità che si incultura". In Asia centrale, “i missionari sono andati a vivere come il popolo mongolo, a parlare la lingua di quella gente, a prendere i valori di quel popolo e a predicare il Vangelo con stile mongolo. Sono andati e si sono inculturati: hanno preso la cultura mongola per poter inculturare in quella cultura il Vangelo”.
Le comunità cattoliche nei diversi paesi dell'Asia, proprio grazie la loro strutturale condizione di "piccolo gregge", hanno potuto sviluppare la loro missione come "opere e luoghi della misericordia", cioè facendosi presente come "luogo aperto, luogo accogliente, dove le miserie di ciascuno possano entrare senza vergogna a contatto con la misericordia di Dio che rialza e risana”. In quei contesti, ha aggiunto “è decisivo saper scorgere e riconoscere il bene. È importante, come fa il popolo mongolo, orientare lo sguardo verso l’alto, verso la luce del bene. Solo in questo modo, a partire dal riconoscimento del bene, lo si aiuta a migliorare”. “Pensiamo a quanti semi di bene, nel nascondimento, fanno germogliare il giardino del mondo, mentre abitualmente sentiamo parlare solo del rumore degli alberi che cadono!”. E, sempre riferendosi al popolo mongolo, ma con una annotazione valida in tanti altri contesti, ha rilevato : "Qual popolo custodisce le radici e le tradizioni, rispetta gli anziani e vive in armonia con l’ambiente. E' un popolo che scruta il cielo e sente il respiro del creato. Pensando alle distese sconfinate e silenziose della Mongolia, lasciamoci stimolare dal bisogno di allargare i confini del nostro sguardo”.
Da quell'esperienza Francesco trae la lezione, universalmente valida, di "allargare i confini del nostro sguardo, perché veda il bene che c’è negli altri e sia capace di dilatare i propri orizzonti. E anche dilatare il proprio cuore: dilatare il cuore per capire, per essere vicino a ogni persona e a ogni civiltà”. E' una chiave di lettura, questa, che esprime e sintetizza lo sguardo a tratti commosso del Successore di Pietro verso le piccole comunità cattoliche sparse in terre asiatiche. Che confidano sulla forza e sulla grazia dello Spirito santo piuttosto che sulla loro potenza economica, politica o mediatica. E che continuano ad avere due punti di forza per la loro missione: i Sacramenti dell'Eucarestia e la Confessione, che Francesco ha sempre considerato e indicato come sorgenti di ogni opera missionaria.
Il primo è l’Eucaristia, il sacramento di un Dio offre sé stesso, la sua carne e il suo sangue, interrompendo così il ciclo della violenza e della morte. Il ciclo della vita e della morte è un tema centrale in religioni come induismo, buddismo e taoismo, tutte nate nel continente asiatico: allora, il sacramento dell'Eucaristia ha per i popoli asiatici una forza e un significato tutto speciale. Quella che ad esempio si ritrova in comunità immerse in realtà - pensiamo all'Afghanistan - in cui la situazione politica non consente il pieno esercizio della libertà religiosa: lì resta possibile per celebrare il Sacramento dell'Eucaristia, presenza viva di Cristo. Il secondo punto di forza per la missione della Chiesa è il sacramento della Confessione, che offre ai fedeli una relazione con Dio: questi, tramite un intermediario umano, può dispensare il perdono e dare la riconciliazione, un dono esistenziale che giunge dall'alto - e non è solo il frutto di un impegno meditativo o di un cammino di purificazione personale. Per questo "le nostre celebrazioni eucaristiche sono piene di non cristiani", ha spiegato p. Enrique Figaredo Alvargonzález, Prefetto Apostolico di Battambang, nella Cambogia a maggioranza buddista, " e tra costoro molti iniziano il cammino per il battesimo".
(PA) (Agenzia Fides 28/4/2025)