Bangui (Agenzia Fides) – “Papa Francesco per il Centrafrica è sempre stato molto importante” dice all’Agenzia Fides Aurelio Gazzera, missionario dei Carmelitani Scalzi nella Repubblica Centrafricana da 34 anni e ora Vescovo coadiutore di Bangassou. “L’inizio del suo pontificato nel 2013 è coinciso con una delle molteplici guerre che continuano a colpire questo Paese. La sua attenzione per il Centrafrica si è poi concretizzata con la sua visita del 2015. Eravamo verso la fine della guerra che però non riusciva a concretizzarsi in una pace duratura. Papa Francesco ha voluto venire qui ed aprire a Bangui, la capitale centrafricana, la prima porta santa del Giubileo della Misericordia. Me lo ricordo benissimo perché ero a Bozoum da dove nei mesi precedenti era quasi impossibile scendere a Bangui, che dista 300 km, perché la strada era infestata dai ribelli che attaccavano convogli e singoli automezzi. Quando è arrivato l’annuncio della visita papale non ci credevamo e noi non ci abbiamo quasi creduto fino alla fine perché la situazione era veramente molto tesa e c’era molta paura.
Ricordo che alla vigilia dell’arrivo in Centrafrica Papa Francesco era in Uganda o in Kenya e la radio francese aveva dato l’annuncio che la tappa centrafricana era stata annullata. Eravamo a Bangui con tanti fedeli, avevamo coinvolto le varie parrocchie, io ero con un gruppo di 50 persone con le quali avevamo viaggiato un giorno e una notte in camion. Quando è arrivato il Papa eravamo nella cattedrale di Bangui per l’apertura della porta santa. C’era tantissima gente fuori perché la cattedrale non riusciva a contenere tutte le persone accorse, e quando il Papa ha annunciato che Bangui era la capitale spirituale del mondo, aprendo la porta santa (una semplicissima porta in legno), è stato come se fosse entrata una ventata di aria fresca. Una sensazione che è stato conferrmata il giorno dopo quando Papa Francesco prima d recarsi allo stadio per celebrare la messa, fece una visita ad un campo di rifugiati e un incontro con i musulmani alla moschea in un quartiere che da più di un anno non si poteva passare, su una camionetta semplicissima senza alcuna protezione. Questo è stato un po’ uno schiaffo per le Nazioni Unite e i vari Paesi che fino all’ultimo avevano continuato a sconsigliare la visita del Papa. Eravamo in sua attesa allo stadio, quando a un certo punto sentiamo la folla esultare. Pensavamo che fosse il Santo Padre che stava arrivando era invece l’Imam, Presidente del Consiglio Islamico Superiore della Repubblica Centrafricana, che lavorava insieme al Cardinale Dieudonné Nzapalainga, Arcivescovo di Bangui, e al pastore Nicolas Guerekoyame, Presidente dell’Alleanza Evangelica Centrafricana, nella piattaforma dei leader religiosi per la pace, che stava entrando da solo a piedi nello stadio. Quando abbiamo visto la gente esultare per questo abbiamo capito che era veramente cambiato il clima. C’è stata poi la messa con la partecipazione straordinaria dei fedeli, una celebrazione molto “africana”, molta bella ma allo stesso tempo molto semplice. Infine anche il momento dell’uscita del Papa dallo stadio è stato spettacolare con gente dappertutto che faceva festa. In un Paese in guerra dove non si poteva viaggiare e uscire di casa, vedere la gente su automobili e moto suonare il claxon e agitare bandiera è stato il segnale che qualcosa era cambiato”.
In conclusione secondo Mons. Gazzera “il Centrafrica deve molto a Papa Francesco: un Cardinale, il viaggio apostolico del 2015, l’attenzione costante per i Paesi più poveri ed emarginati, “alla periferia”, come amava dire lui. Noi ne siamo riconoscenti e per questo lo affidiamo al Signore”. (L.M.) (Agenzia Fides 2/5/2025)