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Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Memoria, misericordia, promessa. Sono queste le tre parole-chiave per chi, come la Vergine Maria, riconosce l’operare di Dio Padre nella storia degli uomini. Lo ha detto Papa Francesco che questa mattina, nell'Aula Paolo VI, ha incontrato i pellegrini giunti a Roma da ogni angolo del pianeta per il tradizionale appuntamento dell'Udienza generale del mercoledì.
Il Pontefice, raffreddato, non ha letto lui stesso il testo della catechesi: “Voglio chiedere scusa” ha spiegato Papa Francesco “perché con questo forte raffreddore è difficile per me parlare. E per questo ho chiesto al mio fratello di leggere la catechesi. La leggerà meglio di me”. A leggere la riflessione, incentrata sul tema "«E beata colei che ha creduto». La Visitazione e il Magnificat", così come i saluti al termine della catechesi ai vari gruppi linguistici, è stato don Pierluigi Giroli, officiale della Segreteria di Stato
Nella visita di Maria a Elisabetta, ha voluto spiegare il Vescovo di Roma nel testo, "è soprattutto Gesù, nel grembo della madre, a visitare il suo popolo. Maria si alza e si mette in viaggio, non sceglie di proteggersi dal mondo, non teme i pericoli e i giudizi altrui, ma va incontro agli altri". E questo perché "quando ci si sente amati, si sperimenta una forza che mette in circolo l’amore; come dice l’apostolo Paolo, «l’amore del Cristo ci possiede» (2Cor 5,14), ci spinge, ci muove".
L’incontro tra le due donne, Maria e Elisabetta, "produce un impatto sorprendente: la voce della 'piena di grazia' che saluta Elisabetta provoca la profezia nel bambino che l’anziana porta in grembo", suscitando in Elisabetta una duplice benedizione («Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!») e una beatitudine («Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto»). "Dinanzi al riconoscimento dell’identità messianica del suo Figlio e della sua missione di madre, Maria non parla di sé ma di Dio e innalza una lode piena di fede, di speranza e di gioia, un cantico che risuona ogni giorno nella Chiesa durante la preghiera dei Vespri: il Magnificat", ha continuato.
Il testo è intessuto "di risonanze bibliche, segno che Maria non vuole cantare 'fuori dal coro' ma sintonizzarsi con i padri, esaltando la sua compassione verso gli umili". I riferimenti alla Pasqua lo rendono "anche un canto di redenzione. I verbi sono tutti al passato, ha spiegato il Papa, perché "impregnati di una memoria d’amore che accende di fede il presente e illumina di speranza il futuro: Maria canta la grazia del passato ma è la donna del presente che porta in grembo il futuro”.
E se la prima parte di questo cantico "loda l’azione di Dio in Maria, microcosmo del popolo di Dio che aderisce pienamente all’alleanza", la seconda "spazia sull’opera del Padre nel macrocosmo della storia dei suoi figli", attraverso "tre parole-chiave: memoria-misericordia-promessa".
Dio, infatti, "ha iniziato a salvare il suo popolo a partire dall’esodo, ha fatto scorrere un flusso ininterrotto di amore misericordioso «di generazione in generazione», e ora manifesta la pienezza della salvezza nel Figlio suo, inviato a salvare il popolo dai suoi peccati. Da Abramo a Gesù Cristo e alla comunità dei credenti, la Pasqua appare come la categoria ermeneutica per comprendere ogni liberazione successiva, fino a quella realizzata dal Messia nella pienezza dei tempi", ha concluso.
Il Pontefice ha ripreso la parola solo alla fine dell'Udienza, durante i saluti in lingua italiana, per rilanciare, a braccio, l'appello per la pace: “Pensiamo ai Paesi che soffrono la guerra: la martoriata Ucraina, Israele, Sudan, tanti Paesi che stanno soffrendo lì. Ricordiamo gli sfollati della Palestina e preghiamo per loro”. Poco prima, nei saluti in lingua polacca, don Giroli ha letto un'altra intenzione di preghiera del Papa per la pace: “Vi incoraggio a pregare per i sacerdoti e i consacrati che svolgono il loro ministero nei Paesi poveri e in guerra, specialmente in Ucraina, in Medio Oriente e nella Repubblica Democratica del Congo. Per molti questa presenza è la prova che Dio si ricorda di loro”. (F.B.) (Agenzia Fides 5/2/2025)