Khartoum (Agenzia Fides) – Una violazione del “diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite, dell'Atto costitutivo dell'Unione Africana e della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio”. Così in una dura nota il Ministero degli Esteri del governo sudanese, presieduto dal generale Abdel Fattah al Burhan ha accusato il governo del Kenya per aver concesso l’ospitalità per “l’evento della firma di un cosiddetto "accordo politico" tra la milizia terroristica Janjaweed, responsabile dei continui atti di genocidio in Sudan, e i suoi individui e gruppi affiliati”.
Si tratta della firma della “Political Charter for the Government of Peace and Unity” promossa dalle Forze di Supporto Rapido (RSF) guidata da Mohamed Hamdan "Hemeti" Dagalo, insieme ad altri attori politici e militari sudanesi. In pratica la formazione di un governo parallelo e concorrente a quello guidato dal generale Al Burhan che risiede a Port Sudan. La capitale, Khartoum, è infatti ancora contesa tra i due contendenti anche se nelle ultime settimane i militari delle Forze Armate Sudanesi (SAF) di Al Burhan sembrano avere ripreso alcuni importanti punti strategici nell’area.
“Dato che l'obiettivo dichiarato di questo accordo è di stabilire un governo parallelo su una parte del territorio sudanese, questa mossa promuove lo smembramento degli Stati africani, viola la loro sovranità e interferisce nei loro affari interni” afferma la nota del Ministero degli Esteri sudanese. “Questa è, quindi, una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite, dell'Atto costitutivo dell'Unione africana e dei principi stabiliti dell'ordine internazionale contemporaneo”. Da notare l’uso dell’espressione “Janjaweed”, un termine che suscita tristi ricordi soprattutto tra le popolazioni del Darfur, il bastione dell’RSF. I Janjaweed erano le milizie alleate del regime di Khartoum nei primi anni Duemila che repressero nel sangue le ribellioni in questa zona nell’ovest del Sudan. Le RSF sono la loro evoluzione che nel corso degli anni si sono ribellate a loro volta contro l’esercito regolare.
Secondo la nota inoltre il Kenya ospitando l’evento si rende complice dei crimini commessi dalle RSF (“genocidi, massacri di civili su base etnica, attacchi ai campi per sfollati e stupri”).
La creazione di un governo alternativo è visto come un tentativo del capo delle RSF, Dagalo, di ottenere una legittimità internazionale. Sia le SAF sia l’RSF sono sottoposte a sanzioni internazionali per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi nel conflitto. Il governo di Al Burhan ha però un riconoscimento internazionale che manca invece alle forze di Dagalo. La mossa di Nairobi di ospitare l’evento va inquadrata alla luce del rinnovo delle relazioni del governo sudanese con Russia e Iran. La prima, che attraverso la compagnia militare privata Wagner aveva inizialmente supportato le RSF, ha invece ora deciso di appoggiare il generale Al Burhan, che in cambio ha concesso a Mosca una base militare sul Mar Rosso. Il secondo che fino a 15 anni fa aveva strette relazioni militari con il regime di Al Bashir, lasciate cadere da quest’ultimo su pressione occidentale e di alcuni Stati del Golfo, ora vede riaprirsi una finestra per rientrare nel Paese, con l’incontro del 17 febbraio tra i rispettivi ministri degli Esteri, nel corso del quale Teheran ha sottolineato l’importanza dell’integrità territoriale sudanese e la fine delle ingerenze straniere in Sudan. (L.M.) (Agenzia Fides 19/2/2025)
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